di padre Adolphe Tanquerey (1854-1932), da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”
Il piacere non è cattivo in se stesso; Dio lo permette ordinandolo ad un fine superiore, il bene onesto; se annette il piacere a certi atti buoni, lo fa per renderli più facili e attirarci così all'adempimento del dovere. Gustare moderatamente il piacere riferendolo al suo fine che è il bene morale e soprannaturale, non è male; anzi è atto buono, perchè tende a fine buono, che in ultima analisi è Dio. Ma volere il piacere indipendentemente da questo fine che lo giustifica, volerlo quindi come fine in cui uno si ferma, è un disordine, perchè è un andare contro l'ordine sapientissimo stabilito da Dio. E questo disordine ne trae seco un altro: quando si opera per il piacere, si è esposti ad amarlo con eccesso, perchè non si è più guidati dal fine che impone dei limiti a questa smodata sete del piacere che tutti ci punge.
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Il rimedio a un sì gran male è la mortificazione dei sensuali diletti; perchè, dice S. Paolo: "Quelli che sono di Cristo, crocifiggono la carne con i suoi vizi e le sue cupidigie: Qui sunt Christi, carnem suam crucifixerunt cum vitiis et concupiscentiis". Ora crocifiggere la carne, come dice l'Olier, significa legare, infrenare, soffocare internamente tutti gli impuri e sregolati desideri che sentiamo nella nostra carne; significa pure mortificare i sensi esterni che ci mettono in comunicazione con gli oggetti del di fuori ed eccitano in noi pericolosi desideri. Il motivo fondamentale che ci obbliga a praticare questa mortificazione sono le promesse battesimali.
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Così grave è quest'obbligo di mortificare i sensuali diletti che ne dipende la nostra salvezza e la nostra vita spirituale: "Perchè, se vivete secondo la carne, spiritualmente morrete; se poi con lo spirito darete morte alle azioni della carne, vivrete: Si autem secundum carnem vixeritis, moriemini; si autem spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis".