di Riccardo Cascioli, da La Nuova Bussola Quotidiana
Una volta che si adotta una concezione e un linguaggio neo-malthusiano, è realistico pensare di poter resistere alle sue conseguenze pratiche? In altre parole: una volta che ci si è convinti che il pianeta è rapidamente avviato verso la catastrofe a causa delle attività umane, si può seriamente continuare a sostenere che il controllo delle nascite – con contraccezione e aborto – non sia lecito?
È una domanda a cui non si può sfuggire leggendo la dichiarazione finale del convegno internazionale organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze (“Salute delle persone, salute del pianeta e la nostra responsabilità”), svoltosi dal 2 al 4 novembre in Vaticano. La prima parte della dichiarazione è una summa di tutti i luoghi comuni eco-catastrofisti, fosse stata affidata a WWF e Greenpeace ne sarebbe venuto fuori un quadro meno drammatico: «Noi esseri umani stiamo creando una nuova e pericolosa fase della storia della Terra, che è stata chiamata Antropocene. Con questo termine si indicano le enormi conseguenze dell’attività umana in tutti gli aspetti dei sistemi fisici della Terra e su tutta la vita del pianeta». E questo è solo l’antipasto, poi arriva l’elenco dei disastri: «Stiamo pericolosamente surriscaldando il pianeta (…). Con un cambiamento climatico fuori controllo ci mettiamo a grave rischio di carestie, nuove e riemergenti malattie infettive, tempeste estreme, siccità, inondazioni, e rapido innalzamento del livello del mare. Le attività economiche che contribuiscono al riscaldamento globale portano anche altri gravi danni, compresi l’inquinamento di aria e acqua, la deforestazione, il massiccio degrado dei suoli, un tasso di estinzioni delle specie senza precedenti negli ultimi 65 milioni di anni; e gravi minacce alla salute umana a diversi livelli, comprese malattie cardiache, ictus, malattie polmonari e cancro. I cambiamenti climatici stanno provocando il più massiccio spostamento forzato di esseri umani nella storia. Una catastrofe sanitaria». E l’elenco continua ancora, ma tanto basta per rovinarsi l'umore.
Per ognuna di queste affermazioni si potrebbero presentare puntuali obiezioni scientifiche – lo abbiamo già fatto molte altre volte -, ma non è questa la sede. Basti una sola, semplice, osservazione: visto che tutti questi disastri ecologici e sanitari si devono – dicono alla Pontificia Accademia delle Scienze – allo sviluppo dei paesi ricchi, come mai proprio in questi paesi l’aspettativa di vita si è straordinariamente alzata e gli indicatori ambientali sono in costante miglioramento? Ma si sa, ai giorni nostri la realtà non conta.
E allora ecco la solita tiritera contro i combustibili fossili, i paesi poveri che pagano le colpe dei paesi ricchi (e quindi l’obbligo dei paesi ricchi di trasferire ingenti risorse finanziarie verso i paesi poveri), la necessità di adottare tutte le misure di sviluppo sostenibile.
Ed è qui che arriviamo al nocciolo del problema. Abbiamo già spiegato che il concetto di sviluppo sostenibile si basa proprio su una concezione secondo cui la presenza umana è negativa per sviluppo e ambiente: sia dal punto di vista quantitativo (sovrappopolazione) sia qualitativo (troppo sviluppo). Ovvie dunque le ricette: controllo delle nascite nei paesi poveri e freno allo sviluppo dei paesi ricchi. La dichiarazione finale della conferenza in Vaticano si sofferma molto sulla seconda parte, ma anche la prima è inclusa, sebbene implicita.
C’è infatti un incondizionato ed entusiastico sostegno ad Agenda 2030, ovvero agli Obiettivi di sviluppo sostenibile fissati in ambito ONU. Si tratta di 17 obiettivi e 169 traguardi, che coprono ogni area possibile dell’attività umana. Ebbene, alcuni di questi obiettivi chiedono esplicitamente misure di controllo della popolazione, con contraccezione e aborto, che sono inclusi nei “servizi di salute riproduttiva”.
Ad esempio, l’obiettivo numero 3 (Salute e benessere), al traguardo 7 afferma: «Entro il 2030, garantire l'accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare, l'informazione, l'educazione e l'integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali».
E l’obiettivo 5 (Uguaglianza di genere), al traguardo 6 afferma: «Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d'Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d'Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze».
Ecco dunque la risposta alla domanda che ponevamo all’inizio. Lo si voglia o meno, una volta che si abbracciano certi approcci ideologici si finisce per sposarne anche le conseguenze. Si può continuare a sostenere – come ha fatto ancora recentemente papa Francesco – che i problemi ecologici non si risolvono tagliando la popolazione, ma se si accetta che l’uomo stia ineluttabilmente distruggendo il mondo, quella posizione diventa moralistica e alla lunga insostenibile.
La dichiarazione finale del convegno della Pontificia Accademia delle Scienze ha già implicita l’accettazione del controllo delle nascite, ma continuando su questa strada è vicino il giorno in cui lo si affermerà esplicitamente. Non è un segreto che qualcuno in Vaticano già spinga in questa direzione, e in fondo la Commissione che sta studiando l’enciclica Humanae Vitae ha proprio l’obiettivo di arrivare a sdoganare la contraccezione. Si dirà: solo in alcuni casi, dopo discernimento ed esame di coscienza. Salvare il pianeta sarà sicuramente uno di questi casi.
P.S.: Tra le ricette suggerite nella dichiarazione finale spunta per la prima volta anche l'invito a incentivare la dieta vegetariana. Chissà se intorno a San Pietro cominceranno ora a spuntare trattorie vegane, per prelati in conversione ecologica?