In Spagna non si ferma il dibattito attorno alla Lomloe (Ley Orgánica de Modificación de la Loe), il disegno di legge di riforma dell’istruzione presentato al parlamento nel bel mezzo della pandemia di Covid-19, fortemente voluto da Isabel Celaá, ministro dell’Istruzione dell’esecutivo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez. Celaá che proprio un anno fa, giorno più, giorno meno, se ne era uscita durante una conferenza stampa con l’affermazione: «Non possiamo pensare in alcun modo che i figli appartengano ai genitori». L’intento era quello di criticare l’adozione del cosiddetto “Pin parentale”, una sorta di consenso informato richiesto ai genitori rispetto alle attività scolastiche complementari, il risultato tuttavia era stato quello di dimostrare “apertis verbis” l’ideologia che muove il suo operato, volta a sottrarre il primato educativo alle famiglie, soprattutto allorquando composte da “omofobi” non al passo con i tempi odierni.
Ma cosa prevede la Lomloe, o legge Celaà, in estrema sintesi? Di accentrare nelle mani dello Stato il diritto all’istruzione, andando per esempio a intaccare le cosiddette le scuole “concertada” (gestite da privati, in parte sovvenzionate, ma riconosciute come servizio pubblico), minando così il diritto alla libertà di scelta delle famiglie, impedendo che venga ceduto suolo pubblico alla costruzione di nuovi centri educativi non statali e andando a interrompere i finanziamenti a quelle scuole che presentano delle peculitarità educative non condivise, come può essere il fatto di suddividere le classi in base al sesso.
Nel contempo, l’intanto è quello di veicolare insegnamenti in linea con il pensiero progressista, anche in questo caso facendo in modo che i genitori abbiano poche, o nulle, possibilità di scelta rispetto a quanto impartito ai loro figli sui banchi di scuola. Via libera dunque al gender, all’educazione sessuale fin da piccolissimi, all’educazione “alla cittadinanza” e via di questo passo… E, ovviamente, al bando la religione, declassata a materia extra-curricurale, secondo il fine dichiarato di «eliminare tutte le forme di indottrinamento nello sviluppo del curriculum scolastico». Insomma, si vorrebbe combattere l’indottrinamento… con un indottrinamento ancora più pervasivo e non rispettoso della libertà di scelta educativa dei genitori.
Rispetto a questo si è espresso, secondo quanto riporta InfoCatòlica, Mons. Francisco Cerro (foto a lato), Arcivescovo di Toledo e Primate di Spagna, lamentando appunto una deriva totalitaria in campo educativo. Campo che è in costante revisione da parte dei Governi che si sono via via succeduti, alla luce della sua importanza nel plasmare il pensiero collettivo del presente e del futuro.
«Gli interessi ideologici prevalgono sul vero scopo dell’educazione», ha affermato Cerro. Per proseguire: «Molti sono gli articoli e gli interventi che vengono a ricordare a chi governa che sono loro che devono garantire il diritto dei genitori a far istruire i propri figli secondo le proprie convinzioni morali e religiose. Questo diritto è specificato nel diritto di scegliere una scuola e nel diritto di scegliere una classe di religione confessionale».
In questo obnubilamento ideologico, secondo Cerro emerge in maniera sempre più lampante il fatto che si è oramai perso di vista lo scopo primario dell’educazione, ossia guidare e accompagnare le persone a fiorire, a maturare le loro potenzialità. Ha quindi concluso il prelato: «Il grande problema fondamentale dell’educazione oggi ha le sue radici nell’attuale crisi antropologica. Stiamo vivendo una profonda crisi antropologica che si manifesta in una crisi educativa. Quanto più profonda e precisa è la visione dell’essere umano, tanto migliore può essere sviluppata l’azione educativa».
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