Molte persone ancora non lo hanno capito, ma dietro i Pacs c’è un’idea terrificante: educare i nostri figli sin dalla più tenera età alla normalità dei disordini della sfera sessuale. La maestra di scuola e i libri per l’infanzia saranno modificati: addio alla famiglia tradizionale per far posto a “le famiglie” e alla normalità delle coppie omosessuali.
Perché qualcuno vuole questo riconoscimento?
Negli Stati moderni, l’omosessualità non è vietata da alcuna legge. Dunque, non siamo nemmeno di fronte alla situazione che caratterizzava le famose “battaglie per i diritti civili” del divorzio e dell’aborto, comportamenti che erano censurati dalla legge. Nel caso delle unioni omosessuali, lo Stato lascia fare, tollera, non impedisce. E le questioni controverse, tipo la visita in ospedale al “compagno”, o l’eredità all’“amico”? Problemi che si risolvono con il buon senso e con patti di diritto privato fra le parti. Ma, allora, che cosa si cela dietro a questa campagna mediatica e ideologica? È presto detto: la parificazione culturale di ogni tipo di unione affettiva. Bisogna tendere il tessuto dell’ordinamento giuridico sulla famiglia fino al punto di provocare uno strappo, un buco nel quale penetri poco alla volta l’idea che uomo insieme a donna, uomo insieme a uomo e ogni altra combinazione sono per la collettività la stessa cosa. In principio non si dice questo, e anzi si afferma il contrario: si dà a bere che il matrimonio è un’altra cosa, e che si vogliono riconoscere solo alcuni diritti alle coppie di fatto. Ma sono tutte frottole: il vero scopo è far implodere la famiglia, procedendo per passi progressivi alla equiparazione di ogni forma di convivenza allo status matrimoniale.
L’omosessualità come normalità
Gli ambienti che promuovono il riconoscimento delle unioni omosessuali sono gli stessi che negli anni Settanta avevano decreta-to la fine del matrimonio: i partiti e gli intellettuali marxisti, che all’epoca denigravano la famiglia come “struttura borghese”; i liberal e i radicali di destra e di sinistra, che hanno sempre predicato il “libero amore”; i cattolici progressisti, che nel referendum del 1974 in Italia si schierarono a favore della legge sul divorzio. Oggi, questi stessi ambienti anti-famiglia sembrano aver capovolto la loro prospettiva: vogliono che tutto diventi “famiglia” e “matrimonio”. Si coalizzano per pretendere che chi non ha chiesto di sposarsi (un uomo e una donna conviventi) e chi non può sposarsi (una coppia di omosessuali) si vedano riconoscere dei diritti come conseguenza della loro convivenza. Perché lo fanno? Non certo per reverente attrazione verso il matrimonio. Perseguono semmai lo scopo opposto: usare l’etichetta dell’istituto matrimoniale (chiamato anche con altri nomi: non fa alcuna differenza) per rendere pubblico il riconoscimento delle unioni patologiche. Si tratta di un’operazione piuttosto astuta, che insegue tre obiettivi essenziali: normalizzare, elevare a modello, educare.
L’omosessualità come pane quotidiano dei nostri bambini
Provate a prendere un libro per le scuole elementari dei vostri figli e controllate la seconda pagina. Potreste scoprire che è stato scritto “rispettando le indicazioni del Progetto Polite per la formazione di una cultura delle pari opportunità e del rispetto delle differenze”. Gli editori che aderiscono a questo progetto sottoscrivono un codice di autoregolamentazione nel quale si adotta la categoria maltusiana dei “generi” (i sessi sono spariti). Un codice che obbliga a rappresentare nei disegni “uomini e donne in attività sia professionali che domestiche”, a “evitare vecchi e nuovi stereotipi che immobilizzano i ruoli”, a garantire “come punto nodale la visibilità delle donne in qualsiasi disciplina”. Insomma: siamo al Minculpop del femminismo militante. Con l’avvento dei Pacs, nulla impedirà che sia adottato un analogo codice per evitare discriminazioni nei testi scolastici contro le coppie omosessuali. Anzi, occorrerà promuovere la parificazione delle “differenti tendenze sessuali”, garantire un certo numero di disegnini che raffigurano “la vita quotidiana delle coppie omosessuali” e, ovviamente, evitare di insistere su “antichi stereotipi legati a idee superate di famiglia come unione fra persone di sesso diverso”. Di più: dovranno essere cambiati anche i libri di fiabe, perché sarà giudicato discriminatorio raccontare storielle dove un coniglietto ha un padre e una madre di sesso diverso. Avremo la nostra brava quota di personaggi dei cartoons che vivranno in famiglie “strane”, dove si sta tanto bene e si vive felici nella “diversità”.
La propaganda omosessuale e l’adolescenza
Gli ultimi studi sull’omosessualità tendono a dimostrare che all’origine di questo complesso fenomeno vi sono non tanto ragioni genetiche o biologiche, quanto cause psicologiche. Questo significa che l’educazione dei bambini e dei giovani, e alcuni errori commessi in questo difficile compito, sono spesso all’origine di tendenze o condotte omosessuali. Se questo è vero, allora significa che la legalizzazione delle unioni omosessuali e la loro normalizzazione nel costume giocheranno un ruolo pericolosissimo per i nostri figli, soprattutto nell’adolescenza. Incontreranno insegnanti di educazione sessuale che li esorteranno a “scegliere senza tabù la loro inclinazione sessuale”, perché essere maschi e femmine “non significa essere eterosessuali”. In questo modo, sarà possibile alle agenzie educative di Stato incentivare la diffusione dei disturbi della personalità e agevolare l’omosessualità.
Un colpo mortale alla famiglia come istituto giuridico
La forza della famiglia e del matrimonio naturale nei secoli è stata la trasmissione di una realtà, viva e concreta, da una generazione all’altra. La famiglia è una comunicazione di esperienza, resa stabile e possibile dalla norma giuridica e religiosa. I bambini scoprono la famiglia facendone essi stessi esperienza, imparano il concetto di padre e di madre e di moglie e marito osservando con i loro occhi queste realtà, nella loro casa e in quella dei compagni di scuola. Il cancro del divorzio e delle convivenze ha certamente assestato un colpo durissimo a questa esperienza, propagandando un’idea malata di famiglia, che infatti genera spesso altre famiglie “malate”, in una catena tragica difficile da spezzare. Ma ora, con lo status giuridico della coppia omosex, si getta sulla testa delle nuove generazioni una bomba atomica culturale: si genera cioè la percezione pratica che la famiglia non esiste più come realtà definibile dalla natura e dalla realtà delle cose. Essa diventa un club, un’associazio-ne che viene ridefinita di volta in volta dalla volontà delle persone. I bambini respireranno immediatamente questa idea, e pur non riuscendo a teorizzarla – come la maggior parte degli adulti – tuttavia la assorbiranno come criterio di giudizio della realtà. Siamo di fronte a qualche cosa di spaventoso, che si inserisce coerentemente nell’orrore del divorzio, dell’aborto e dell’eutanasia di Stato. Ma che ne supera di gran lunga la portata diseducativa: corrisponde alla “soluzione finale” dell’ideologia nichilista e radicale.
Impedire il giudizio morale sulla condotta omosessuale
Se questo articolo vi è piaciuto, conservatelo gelosamente. Magari diffondetelo. Fra non molto tempo sarà impossibile scrivere e dire le cose che avete letto in queste pagine. Ci sarà innanzitutto una censura culturale, per cui “non sta bene” formulare un giudizio sullo stile di vita omosessuale. Ma potrebbero anche scattare vere e proprie proibizioni di legge. Il Timone non potrà pubblicare articoli come questo, e i parroci non potranno più dire dal pulpito che l’omosessualità è un disordine morale oggettivo, senza con ciò incorrere in un reato. Vi sembrano esagerazioni apocalittiche? Può darsi. Ma una volta che un certo stile di vita è dotato di passaporto regolare, sarà difficile per chiunque continuare a dare pubblicamente un giudizio negativo, anche solo morale. La Chiesa cattolica è avvertita.
I diritti ci sono già
Contrariamente a quanta si crede, i conviventi hanno già i diritti. Lo spiega la rivista «Si aIla vita» (novembre 2005). Infatti , «la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima» (art. 30 della Costituzione).