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Restituire a Dio il primato per vivere liberi nella verità
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11 Agosto 2019

Restituire a Dio il primato per vivere liberi nella verità

Pubblichiamo l’omelia del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, pronunciata il 10 agosto 2019 in Cattedrale nella solennità di San Lorenzo (i grassetti sono nostri). Nella foto in alto Palma il Giovane (1549-1628), Martirio di San Lorenzo, olio su tela, 283 × 490 cm, Venezia, Chiesa di San Giacomo dall’Orio

di Angelo Bagnasco*

La festa di san Lorenzo, a cui la nostra cattedrale è dedicata, ci porta a meditare e a pregare. Diacono romano, fu ucciso dopo alcuni giorni dal martirio del papa Sisto II nel 258 per ordine dell’imperatore Valeriano. Come anche l’affresco della volta sopra il presbiterio racconta, Lorenzo si rifiutò di consegnare all’autorità imperiale i beni della Chiesa che servivano per i poveri; li diede a loro e poi presentò questi all’ Imperatore come la vera e più grande ricchezza della comunità cristiana. Fu bruciato vivo!

Il vangelo ascoltato ci aiuta ad entrare nel mistero di quest’uomo: “Chi ama la propria vita la perde, e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”. Lorenzo ha creduto a queste parole, le ha fatte sue non solo nella prova suprema, ma in ogni circostanza: i grandi momenti della vita, infatti, si preparano con i piccoli momenti di ogni giorno. Egli ha creduto a queste parole che rovesciano il modo di pensare, la logica del buon senso comune, che capovolgono il mondo.

La fede, infatti, non è una coreografia a piacimento, un ritocco buonista del pensare, un galateo di gentili maniere. Pensare così, è un tradimento mascherato di equilibrio e di sobrietà. Nessuno può essere certo di sé davanti alla prova del martirio: senza una grazia particolare dove troveremmo il coraggio e la forza? Ma qui interviene la fede, credere, cioè, che Dio è fedele alla nostra debolezza e alla nostra paura. La fragilità umana non deve cambiare la verità di ciò che Gesù ha detto e che moltitudine di cristiani hanno vissuto. La verità è che Dio ci ha rivelato un mondo diverso, invisibile agli occhi della carne, ma che circonda, vive e fa vivere il nostro mondo.

L’imperatore Valeriano combatteva i cristiani non solo per impadronirsi dei loro beni, ma anche per impedire alla Chiesa lo svolgimento pieno della sua missione: le opere buone, infatti, hanno spesso bisogno di risorse. L’opinione corrente considerava i seguaci di Gesù come strani, e pericolosi per l’unità politica dell’impero: pur avendo le occupazioni di tutti i cittadini, vi era nel loro modo di pensare e di vivere qualcosa che era lontano dal pensare comune, e quindi apparivano divisivi e non affidabili, pericolosi. Sono evidenti le affinità con il nostro tempo: a volte i cristiani sono giudicati pericolosi, perché non abbastanza allineati con il pensiero diffuso; sembra che siano seme di discordia sociale, addirittura incompatibili con la democrazia perché a volte esprimono – come tutti fanno – le proprie idee, che non sempre collimano con altre. E allora? Ritornano le parole di Gesù: “Chi ama la propria vita la perde; e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”.

Queste parole ci aprono l’orizzonte e ci danno la giusta risposta: anche noi, infatti, come il diacono Lorenzo, siamo chiamati a partecipare alla vita pubblica e a rispondere alle questioni dei tempi. A volte incontriamo incomprensione, indisponibilità, arroganza, ma abbiamo la responsabilità di essere nel mondo e di servirlo con amore. Senza entrare nelle singole questioni che ci interpellano e che sfidano la società, la domanda di fondo è questa: se – come san Lorenzo – siamo noi veramente liberi. Valeriano si è trovato davanti ad una libertà interiore che non vedeva negli altri; tanto più sconosciuta perché disarmata e non arrogante, ma pacata e ferma.

Da che cosa proveniva questa libertà umile e sovrana? Da che cosa può provenire a noi? Dalla fede nell’eternità. Se è questa la meta bella del cammino terreno, allora ogni cosa – anche la stessa vita – acquista il valore che ha, niente di più o di meno. Tutto, gioie e dolori, speranze e delusioni, davanti all’eternità si rivela troppo poco per il piccolo cuore umano che è fatto per l’infinito. Tutto ha valore, ma dev’essere vissuto nella sua verità: per questo la fede parla dei beni terreni sempre in rapporto con i beni eterni.

Ecco perché dobbiamo restituire a Dio il primato: Lui non ne ha bisogno, ma noi sì per poter vivere nella verità. Per questo Lorenzo è un uomo libero, e per questo il mondo è infastidito: intuisce che la fede è fonte di libertà. Ma è proprio vivendo in questa libertà che i discepoli di Gesù amano e servono il mondo di ieri e di oggi. (fonte: Diocesi di Genova)

*Arcivescovo di Genova

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