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«Ratzinger voleva una teologia del sacerdozio per resistere alla modernità»
NEWS 19 Aprile 2024    di Giuliano Guzzo

«Ratzinger voleva una teologia del sacerdozio per resistere alla modernità»

Ad oltre un anno dalla sua morte, il pensiero di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI continua a mostrare tutta la sua grandezza e la sua attualità, confermandosi ancora capace di orientare teologicamente la Chiesa. Prova ne è un recente intervento del suo storico segretario particolare, quell’arcivescovo Georg Gänswein che ora dovrebbe diventare nunzio in Lituania. In breve, Gänswein ha preso la parola lo scorso fine settimana in Austria, nel monastero cistercense di Heiligenkreuz – il più antico del mondo senza aver subìto interruzioni dalla fondazione ad oggi -, insieme ai teologi locali e al cardinale Kurt Koch.

Oggetto dell’incontro – intitolato “La bellezza, la sfida e la crisi del sacerdozio” – erano il futuro del sacerdozio e la stessa comprensione di esso da parte degli stessi sacerdoti. In tale contesto, secondo quanto è filtrato sui media, Gänswein si è fatto testimone di quella che, sull’argomento, era la prospettiva del defunto Papa Benedetto XVI/Joseph Ratzinger, al quale la nostra rivista ha dedicato un numero speciale, con le memorie e i ricordi su di lui firmati di loro pugno da ben otto porpore, tra le quali il defunto cardinale Pell. Così il suo storico segretario ha potuto ricordare quello che, si diceva, era il pensiero ratzingeriano sul sacerdozio.

Come su tanti altri argomenti, quello del teologo tedesco era un pensiero raffinato e coraggioso. Gänswein ha infatti rammentato come Benedetto avesse tanto di formulare una «solida teologia del sacerdozio», capace di resistere «anche alle incomprensioni del mondo moderno». Un tentativo resosi necessario, ha aggiunto l’arcivescovo, alla luce del gran numero di coloro che avevano abbandonato il sacerdozio, nonché del «drastico calo delle vocazioni sacerdotali in molti Paesi». Due aspetti questi, va detto, non attribuibili esclusivamente a ragioni teologiche; eppure il pontefice tedesco vedeva – come in altri ambiti – una crisi teologica alla base del fenomeno.

Di qui, ha ricordato sempre Gänswein, l’impegno di Benedetto XVI affinché il sacerdozio potesse essere «cristologicamente giustificabile», poiché i sacerdoti sono «chiamati dal Signore risorto e potenziati attraverso il sacramento», ha detto lo storico segretario del successore di san Giovanni Paolo II. Pertanto, per Ratzinger, il sacerdozio non era fine a se stesso in qualunque aspetto della sua esistenza», ma esisteva per il servizio della Chiesa. Le loro caratteristiche distintive erano – e debbono tornare ad essere – «l’altruismo e l’espropriazione di sé in favore del Signore».

Per render ancor più chiaro ciò che intendeva dire, Benedetto XVI aveva paragonato il sacerdozio e il suo servizio a un ponte tra le due sponde della storia della salvezza e della tradizione cattolica, da un lato, e «dell’uomo moderno, dell’uomo di ogni tempo, dall’altro», ha ancora aggiunto Gänswein; a cui va il merito d’esser vivo custode – insieme a molti altri, naturalmente – della memoria e dell’attualità di un pensiero, quello ratzingeriano, che ha certamente davvero ancora molto da dire e da dare alla Chiesa. Soprattutto in un contesto come quello odierno dove, al di là della desertificazione dei seminari e delle chiese, pare  regnare sovrano un caos che eclissa quella speranza, come ha ricordato Antonio Socci sul Timone di questo mese, senza la quale «fede e carità sono solo un cimitero» (Fonte foto: Imagoeconomica).

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