In queste ore è in uscita “Che cos’è il cristianesimo”, il libro postumo di Papa Benedetto XVI (Mondadori), che egli stesso, attenzione, ha voluto fosse pubblicato dopo la sua morte. Si può davvero quindi considerare, come recita la copertina del volume, «quasi un testamento spirituale». Si tratta di poco meno di 200 fitte pagine, nelle quali sono insomma condensate riflessioni che il grande teologo tedesco ha voluto affidare ai cristiani come suo ultimo regalo. Come si può ben immaginare, non è possibile condensare in poche battute le riflessioni di enorme spessore e capaci di sfidare molti luoghi comuni diffusi dalla cultura dominante, certamente, ma anche penetrati, ormai, nello stesso mondo cattolico.
In primo luogo, merita di essere sottolineato un passaggio – già notato da vari media, tra cui la Catholic News Agency – che è quello dell’appassionata difesa fatta da Ratzinger dall’accusa di intolleranza che viene mossa al cristianesimo. Più precisamente, il Pontefice emerito ha voluto confrontarsi con l’accusa, formulata da un teologo tedesco, secondo cui non solo la fede cristiana ma lo stesso monoteismo sarebbe legato all’intolleranza. Questo non è vero – ribatte Benedetto XVI – per il cristianesimo, che ha il proprio perno in Colui che è il solo, «autentico contrappeso a ogni forma di intolleranza», vale a dire Cristo Crocifisso.
L’indiretta conseguenza dell’efficace risposta ratzingeriana, va da sé, è che invece dove manca Cristo Crocifisso invece l’intolleranza può radicarsi. Ma non è questo il solo passaggio rilevante del libro, testo che una penna acuta e capace di provocare come quella di Camillo Langone ha definito «(quasi) un’istigazione a delinquere», per le affermazioni forti che contiene: ce ne sono molti. Il Timone è rimasto in particolare colpito dalle pagine intitolate Che cos’è la religione, riguardanti un inedito terminato dal Papa emerito 19 marzo 2022 – e che quindi può essere a buon diritto considerato, in modo indiscutibile, l’ultimo testo scritto di suo pugno. Ebbene, anche queste pagine risultano assai esplosive. Vediamo perché.
Benedetto XVI parte da un dato di fatto storico, quello secondo cui «il cristianesimo venne percepito come liberazione dalla paura nella quale la potenza degli dei aveva imbrigliato gli uomini. In fondo il possente mondo degli dei crollò perché entrò in scena l’unico Dio e pose termine alla loro potenza». Già qui, le considerazioni notevoli e controcorrente sono un almeno paio: il ruolo del cristianesimo, definito in buona sostanza come liberatore dalle paure pagane, e il fatto ciò che ciò sia in definitiva avvenuto grazie all’entrata «in scena» dell’«unico Dio». La stoccata a certo ecumenismo risuona, in tali parole, forte e chiara. Ma non è finita.
Collegandosi al contesto di un neopaganesimo oggi ritornato sulla scena, come osservato anche dalla filosofa francese Chantal Delsol, Ratzinger indica come le vie d’uscita dall’odierna «fede negli dei» siano essenzialmente due. La prima è quella delle «religioni monoteiste originate dalla radice di Abramo, nelle quali l’unico Dio come persona determina il mondo intero»; la seconda è quella delle «religioni mistiche» come il Buddismo nelle quali «l’unico Dio viene dissolto», una strada che «tende annichilimento» e che deve preoccupare dal momento, scrive il teologo tedesco, «ha raggiunto una potente efficacia attrattiva nelle culture d’Europa». Non solo: questa deriva riguarda anche il cristianesimo.
Qui Benedetto XVI mette in luce l’insidia contenuta in una frase molto popolare anche tra i cattolici: «Il cristiano di domani sarà un mistico oppure non esisterà più». Belle parole, osserva Ratzinger, ma esse in realtà celano un pericolo notevole: «Il programma di presentare come secondarie tutte le forme concrete della fede per giungere ultimamente a una devozionalità impersonale». «In verità», aggiunge, «una tale interpretazione del cristianesimo è in contraddizione con la sua più intima intenzione e la sua concreta configurazione nella storia». Come si è risolto e potrebbe risolversi, dunque, il conflitto tra neopaganesimo e cristianesimo? Lo scrive ancora il teologo tedesco.
«L’intera contesa della storia delle religioni tra Dio e gli dei non termine con il fatto che Dio stesso alla fine svanisca come un feticcio», osserva, «termine invece con la vittoria dell’unico vero Dio sugli dei che non sono Dio». La impossibilità di una coesistenza, se non temporanea, tra le fedi – che non può che concludersi «con la vittoria dell’unico vero Dio sugli dei che non sono Dio» – è l’ultimo, ecclesialmente scorrettissimo contributo del papa teologo. Che, con tanti espliciti e in definitiva irrituali, tanto più di questi tempi, richiami all’«unico vero Dio», sembra voler incoraggiare i fedeli sul fatto che non sono le mode, non è il buonismo e neppure il blasonato “dialogo” ciò che è destinato a vincere, bensì proprio quel Cristo Crocifisso – e Risorto – che rappresenta il cuore, vivo e pulsante, dell’identità cristiana (Foto: collage copertina Che cos’è il cristianesimo/Imago).
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