lunedì 25 novembre 2024
  • 0
Quello che la Chiesa ha omesso di dire nel 500° anniversario della Riforma protestante
NEWS 29 Novembre 2017    

Quello che la Chiesa ha omesso di dire nel 500° anniversario della Riforma protestante

«Lo Spirito di Lutero conquista Galantino» di Stefano Fontana, da La Nuova BQ

 

A leggere che secondo il vescovo Galantino la Riforma fu “un evento dello Spirito Santo” viene subito da pensare che lo Spirito Santo allora si contraddice. Siccome questo non è possibile, non rimane che ritenere l’affermazione molto temeraria. Affermazioni simili sono oggi molto frequenti ed è importante chiederci da dove provengano.

L’essenza della posizione di Martin Lutero è la riduzione della fede ad atto di fede. Nella fede non ci sono contenuti, verità cui aderire, ma ciò che conta è l’affidarsi, senza ragioni, a Cristo, fidandosi che lui coprirà con un mantello tutte le nostre colpe. Per la religione cattolica non è così. La fede ha due versanti, quello dell’atto soggettivo del credere e quello oggettivo delle verità cui ai aderisce con la fede per l’autorità di Dio che ce le ha rivelate. È la fides qua e la fides quae. Quella cattolica non è una fede cieca, è l’adesione al dogma. La fede di Lutero invece è solo atto senza dogmi.
Perché ricordo questo aspetto? Perché il fatto che Lutero sia stato spinto dall’amore di Dio, o dalla “passione per Dio” – come si intitolava il convegno alla Lateranense ove mons. Galantino ha fatto il suo intervento – dice poco di significativo dal punto di vista cattolico. Passione per quale Dio? La passione è solo il polo soggettivo della fede come atto, manca il polo oggettivo delle verità credute, ossia dei dogmi. Accettare come valida questa impostazione fondata sulla sola “passione per Dio” significa già accettare l’impostazione luterana. E che dialogo ci può essere se si accetta fin da subito la posizione dell’altro con cui si vorrebbe dialogare?

Celebrando questo 500° anniversario della Riforma luterana, la Chiesa cattolica ha fatto spesso questo errore di impostazione iniziale: spostare l’attenzione dalla dottrina alle “intenzioni” di Lutero, ossia dai contenuti della fede all’atto di fede. Tutti vedono che in questo modo si sposa già fin dall’inizio la posizione luterana e la si fa propria. Nella fede luterana è centrale la coscienza, dato che non interessa tanto Cristo in sé, quanto Cristo per me, il Cristo della fede e non il cristo della Storia. Il Padre Coggi dei domenicani di Bologna ce lo ha spiegato molto bene. La fede per Lutero non è conoscenza ma esperienza soggettiva, fatta in coscienza al cui interno si consuma il rapporto io-Tu tra il credente e Dio. Se, quindi, la Chiesa cattolica si concentra sulla coscienza del monaco Lutero piuttosto che sulla dottrina luterana rinuncia alle proprie esigenze già in partenza, accettando la validità di una fede senza dogmi. Le intenzioni di Lutero non contano se non per una ricostruzione storica o psicologica. Contano le cose da lui scritte e formalizzate nella dottrina della Riforma. Contano le cose da lui scritte contrarie alla verità della fede cattolica.

L’idea oggi prevalente è che le intenzioni di Lutero erano buone ed ispirate dallo Spirito Santo, mentre poi la cose presero una strada diversa, complici anche le chiusure della Chiesa cattolica. Bisognerebbe quindi recuperare le buone intenzioni degli inizi e usufruirne anche per una riforma del cattolicesimo stesso. Si è anche detto in questi giorni che Lutero avrebbe addirittura anticipato il Vaticano II, richiamando l’attenzione sul Vangelo. E rieccoci all’atto senza i contenuti. Aver proposto la salvezza per Sola Scriptura è stato un grave errore e non un merito, in quanto l’attenzione al Vangelo, dal punto di vista cattolico, senza la dovuta attenzione alla Tradizione e al Magistero non è cosa da apprezzare. Se il Vaticano II fosse stato influenzato da un’eresia, come si dice in questo caso, ne deriverebbe un inquinamento dello stesso Concilio dalle proporzioni devastanti.

Sia sostenendo che la Riforma è stata un dono dello Spirito Santo, sia dicendo che la valorizzazione luterana del Vangelo ha anticipato il Vaticano II, si insiste solo ed eventualmente sulle “intenzioni” e non sui contenuti. Ma insistendo solo sulle intenzioni di coscienza sparisce completamente il concetto di eresia. Uno non è eretico per le sue intenzioni ma per quanto ha detto di contrario al dogma. E da questo punto di vista Lutero è stato un eretico, quali che fossero le sue intenzioni. Faccio notare che se sparisce il concetto di eresia sparisce anche quello di dogma.

L’altro aspetto della strategia della Chiesa cattolica in questo 500° anniversario della Riforma protestante è quello di fare un pezzo di strada insieme, cioè di fare delle cose insieme puntando sulla prassi più che sulla dottrina. Anche questo obiettivo lo si persegue meglio non tenendo conto della dottrina luterana ma delle cosiddette buone intenzioni del monaco Lutero. Depurando la fede dai suoi contenuti e soffermandosi sul suo essere un atto personale  si pensa di camminare meglio insieme. Ma per andare dove? Verso quale Cristo? Verso quale salvezza? L’atto di fede preso in se stesso è cieco, sono i contenuti a dargli la luce. Anticipare la prassi rispetto alla dottrina è un’altra concessione fatta in partenza alla posizione luterana.

C’è infine l’aspetto forse più inquietante della questione. Incentrarsi sulla fede come atto, ossia sulla coscienza e sulla prassi piuttosto che sui contenuti e sulla dottrina, potrebbe voler dire maturare insieme una nuova autocoscienza credente (come direbbe Hegel), ossia vedere insieme i contenuti in un modo nuovo. L’eresia sarebbe allora uno stimolo indispensabile all’evoluzione dialettica del dogma. Ma questa sarebbe una concessione all’evoluzione del dogma all’interno dell’autocoscienza dei credenti completamente fuori della visione cattolica, anche se certamente compatibile con la confessione protestante.