Non ha dubbi Bruno Barberis, professore Ordinario di Fisica e Matematica all’Università di Torino e Vice Presidente della Confraternita della Sacra Sindone di Torino: ci sarebbero ben sette ragioni per affermare con certezza che la figura dell’uomo della Sindone sia proprio Gesù di Nazareth. Ragioni che il professore ha esposto al Congresso Internazionale Scienza e Fede nella Sindone “Chi è l’uomo della Sindone secondo la scienza?”
Molti elementi, infatti, confermerebbero che il supplizio subito dall’ uomo della Sindone sarebbe lo stesso a cui è stato sottoposto Gesù. Peraltro un appassionato studio della Sindone era stato condotto anche da monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente onorario della Commissione diocesana sulla Sindone. Sulla base dei suoi scritti Giovanni Paolo II scrisse la celebre definizione «la Sindone di Torino è lo specchio del Vangelo e la provocazione all’intelligenza» e che ci ha lasciati lo scorso 2 settembre.
Tornando, comunque all’ analisi di Barberis, il primo elemento che sembra trascurabile ma in realtà non lo è, sarebbe il lenzuolo in cui sarebbero stati avvolti l’uomo della Sindone e Gesù dopo la morte: questa era una cosa molto rara nell’antichità, soprattutto per un crocifisso. In genere i cadaveri dei crocifissi venivano abbandonati alla mercé degli animali selvatici o sepolti in fosse comuni. La corona di spine che accomuna l’uomo della Sindone e Gesù, inoltre, è un altro elemento importante dato che non esiste nessun documento che attesti che questa usanza fosse diffusa né tra i romani, né tra altri popoli.
Un altro dettaglio che emerge dall’analisi del sudario è che l’uomo della Sindone, come Gesù, portava sulle spalle un oggetto pesante che probabilmente va identificato col patibolo sul quale è stato inchiodato. Anche questo dettaglio fa pensare, perché il trasporto della forca da parte dei condannati non veniva effettuato in tutte le crocifissioni, ma venivano, in genere, utilizzati alberi o croci occasionali.
L’uso dei chiodi fa anche pensare: sia l’uomo della Sindone che Gesù furono inchiodati alla croce, questo sistema di supplizio pare fosse riservato alle crocifissioni ufficiali, mentre nella maggior parte dei casi i condannati venivano legati alla croce con delle corde. Inoltre, un’altra cosa straordinariamente in comune tra l’uomo della Sindone e Gesù è che entrambi hanno avuto le gambe intatte, al contrario dell’usanza dell’epoca largamente diffusa, che era quella di spezzare le gambe ai crocifissi per accelerare la morte dei condannati.
Gesù e l’uomo della Sindone non vennero né lavati né unti, come emerge dalle analisi del sudario, mentre, le consuetudini dell’epoca, nel caso di una sepoltura normale, prevedevano il lavaggio della salma e la sua unzione con oli aromatici prima di avvolgere la salma nel telo funebre. Nel caso di Gesù, sappiamo che fu avvolto in un lenzuolo e deposto in un sepolcro subito dopo la discesa dalla croce, per la necessità di compiere questa operazione prima del calare della notte, quando ebbe inizio la Pasqua ebraica, durante la quale, non si poteva eseguire alcun lavoro manuale. La sepoltura definitiva avrebbe dovuto essere effettuata, dalle donne, due giorni dopo.
Infine, poche furono le ore in cui Gesù e l’uomo della Sindone rimasero avvolti nel sudario. Nel secondo caso, perché si producesse l’immagine che vediamo, è stato necessario che il cadavere rimanesse sul lenzuolo per alcune ore, ma non più di due o tre giorni, poiché altrimenti il processo di decomposizione avrebbe distrutto l’immagine e avrebbe lasciato sul tessuto macchie indecifrabili. Allo stesso modo, Gesù fu avvolto in un lenzuolo dopo essere stato deposto dalla croce e vi rimase avvolto per un tempo non superiore a 40 ore.
Per tutti questi motivi, il professor Barberis afferma con decisione: «È impossibile che l’immagine della Sindone non appartenga a Gesù, tenendo presente che questi sette eventi sono chiaramente indipendenti l’uno dall’altro. «La probabilità che questi sette eventi siano avvenuti contemporaneamente in un altro uomo che ha subito il supplizio della crocifissione sono 1 su 20 miliardi […]. In altre parole, su 20 miliardi di eventuali crocifissi, uno solo avrebbe potuto possedere le sette caratteristiche che abbiamo considerato, comuni all’uomo della Sindone e a Gesù. Come è evidente nella storia dell’umanità, non potevano esserci 20 miliardi di crocifissi, al massimo qualche centinaio di migliaia o qualche milione», ha sottolineato.
«Il calcolo effettuato», chiosa Barberis, «permette di concludere che la probabilità che una persona crocifissa con queste caratteristiche sia unica è molto alta e che quindi l’uomo della Sindone è proprio Gesù di Nazareth». (Fonte foto: Bing)
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