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Quando la Casa bianca chiedeva all’Italia i «diritti Lgbt». Ingerenze vere, ma dimenticate
NEWS 14 Novembre 2024    di Federica Di Vito

Quando la Casa bianca chiedeva all’Italia i «diritti Lgbt». Ingerenze vere, ma dimenticate

In Italia si grida allo scandalo. Da Piero Pelù, passando per Elio e le storie tese, al parlamentare europeo del Pd Sandro Ruotolo, è protesta collettiva contro Elon Musk. Tutti decidono di abbandonare il social X, i musicisti di Elio sentenziano: «Elon Musk è un pericolo per la democrazia e la libertà». Pochi minuti dopo arriva l’analogo annuncio su Instagram dell’ex frontman dei Litfiba: «Viste le pericolosissime dichiarazioni neo totalitarie e neo imperialiste esternate da E. Musk ho deciso di chiudere il mio profilo». Quest’ultimo ha anche sottolineato la “follia” a tratti rivoluzionaria del suo gesto: «Molti mi dicono che sono un folle a prendere questa decisione ma credo che oggi sia fondamentale dare dei segnali chiari di dissenso civile». Altroché.

Risolutivo appare anche il compositore Nicola Piovani: «È arrivato il momento di uscire». L’europarlamentare del Pd Sandro Ruotolo esprime il dispiacere per la perdita di follower, ma elimina l’account a testa alta: «Ho deciso di lasciare X e lo faccio a malincuore. Mi dispiace innanzitutto per gli oltre 70mila che mi seguivano ma le ultime prese di posizione del signor Musk contro i magistrati italiani […] mi impediscono di continuare a essere presente su X». Ci si aspetta nei prossimi giorni (o forse si tratta di ore, il gregge del pensiero unico si muove infatti spedito) un’“evasione” di vip e politici dal social. Andiamo con ordine, che cosa avrebbe fatto Elon Musk, di fresca nomina alla guida del nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa al fianco di Trump? Ci sono ovviamente precedenti che provengono dall’Europa e oltreoceano.

Negli Usa, i fan di Taylor Swift hanno traslocato in massa sulla piattaforma Bluesky. Come loro anche altre diverse star hanno disattivato il loro account, tra cui figura Jamie Lee Curtis. Pochi giorni fa anche il Festival di Berlino ha annunciato l’addio alla piattaforma e il Guardian ha deciso di uscire dal social network, a causa del diffondersi di «contenuti allarmanti». La testata britannica, più in dettaglio, ha usato queste parole: «La campagna elettorale presidenziale americana è servita solo a sottolineare ciò che consideravamo da molto tempo: che X è una piattaforma mediatica tossica e che il suo proprietario, Elon Musk, è stato in grado di usare la sua influenza per modellare il discorso politico». A seguire – sempre per riprendere il discorso del gregge – Le Figaro, Le Monde, Le Parisien e Les Echos, e altre, hanno denunciato all’unisono X. In Italia però è stato un fatto a far traboccare il vaso; tra l’altro sembrerebbe che il fronte progressista non aspettasse altro per dare sfogo a una protesta universale, contro Trump, il governo italiano, la Meloni, Musk e chi più ne ha più ne metta.

Ecco il fatto: Musk avrebbe commentato la decisione dei giudici del Tribunale di Roma che hanno sospeso la convalida del trattenimento per sette migranti portati in Albania. Come? Con un commento affidato alla sua piattaforma: «Questi giudici devono andarsene». Qualcuno coglie l’occasione per rincarare la dose, Salvini commenta: «Elon Musk ha ragione. Il 20 dicembre potrei ricevere una condanna a sei anni di carcere per aver impedito gli sbarchi di clandestini in Italia quando ero ministro dell’Interno. In una prospettiva internazionale, tutto ciò appare ancora più incredibile». Altri, nelle parole del capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, sommessamente minimizzano l’affermazione suggerendo che «Musk si scaglia contro i giudici italiani […] né più né meno come molti dei nostri intervengono negli affari americani. Ad ognuno si dà il peso che si ritiene di dare…».

Dalle opposizioni invece si affronta la questione con una certa veemenza. Dal Pd, la responsabile giustizia Debora Serracchiani definisce «l’intromissione di Musk negli affari interni di un Paese sovrano e democratico» come «inaccettabile nel metodo e nel merito». È poi intervenuta anche la segretaria Elly Schlein: «Abbiamo Musk che si permette di dire che i giudici devono essere cacciati, questa è l’idea che chi ha soldi può comprare tutto, anche la giustizia, ma noi non ci stiamo, sennò sarà una giustizia solo per i ricchi. È imbarazzante che i sovranisti di casa nostra si facciano dettare la linea da un miliardario americano, dovrebbero difendere i giudici. Oggi Meloni è stata zitta, non ha detto una parola».

In ultimo, commenta così l’Associazione nazionale magistrati, nella persona del presidente Giuseppe Santalucia: «Con un messaggio, Elon Musk si è preso gioco della sovranità dello Stato. Mi aspetto da chi ha a cuore la difesa dei confini che intervenga: perché Musk, è non è un privato cittadino ma un protagonista assoluto della vita globale, fra i grandi artefici della recente vittoria elettorale del presidente Trump». Bene, ora che tutti hanno detto la propria è interessante fare un salto indietro nel tempo.

Siamo nel luglio 2023 e Giorgia Meloni intrattiene un colloquio di circa un’ora alla Casa bianca con il presidente Biden. E così, fuori programma, Biden suggerisce alla premier qualche direttiva in più – si era parlato di “consigli”. In particolare sulla Cina e sui diritti della comunità Lgbt. La Meloni aveva dichiarato che Biden avesse «fatto un riferimento al tema degli Lgbt parlando delle divisioni della politica, ma nessuno mi ha fatto domande su questo». L’ormai ex presidente degli Stati Uniti avrebbe chiesto alla premier italiana di tenere in considerazione anche l’opinione pubblica internazionale.

Premessa: centinaia di “papà arcobaleno” avevano scritto a Joe Biden in occasione della visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per esprimere «preoccupazione riguardo alle politiche del Governo italiano nei confronti delle famiglie omogenitoriali». La Stampa aveva riportato il commento dei promotori dell’iniziativa indirizzata a Biden: «La speranza dei genitori arcobaleno è che Biden convinca la premier italiana ad accettare i certificati di nascita statunitensi, favorendo una collaborazione radicata e fruttuosa tra i nostri due Paesi democratici». La premier, in Conferenza stampa aveva però dichiarato che «con Biden noi non abbiamo avuto un dialogo su questo tema. Il Presidente Biden a un certo punto ha fatto un riferimento al tema degli Lgbt parlando delle divisioni della politica, ma se la sua domanda è se mi sia stato chiesto qualcosa su questo, nessuno mi ha chiesto niente». Altre fonti avevano detto il contrario, fornendo motivi per pensare che effettivamente Biden avrebbe spinto in tal senso.

D’altronde non sarebbe stata una novità, visto che solo qualche mese prima il premier canadese Trudeau aveva apertamente espresso le sue preoccupazioni in merito alle scelte della politica italiana in materia dei diritti della comunità Lgbt. Per non parlare poi delle intromissioni che oggi tutti i paladini della sovranità nazionale sembrano aver dimenticano, quelle di Soros, o Macron – che minacciava di «sorvegliare sull’Italia» – o, per tornarne al mondo dello spettacolo, di Richard Gere sul processo di Salvini. Questi li chiamano consigli. Quelle di Musk invece sarebbero ingerenze. Sta di fatto che da oggi dovremo andare avanti senza i tweet di Piero Pelù, e questo è un duro colpo. E attenzione, chi rimane su X potrebbe diventare un nuovo soggetto da tenere sotto osservazione, un «pericolo per la democrazia». Quel tipo di democrazia dove la libertà di espressione è a senso unico. (Foto: Imagoeconomica/Pexels.com)

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