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Quando «Il dottor Zivago» faceva paura al comunismo e la CIA decise di sfruttarlo «arruolando» il Vaticano
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14 Aprile 2014

Quando «Il dottor Zivago» faceva paura al comunismo e la CIA decise di sfruttarlo «arruolando» il Vaticano

La storia d’amore che sta al centro del celebre romanzo Il dottor Zivago (1957), dello scrittore russo Boris Pasternak, era una poderosa e quindi pericolosa demolizione del mito collettivista, in grado di produrre danni enormi in Unione Sovietica. La CIA lo capì subito, e immediatamente lo capì pure il KGB. Per questo l’Unione Sovietica cercò in tutti i modi di ostacolare la diffusione e la lettura del libro, mentre gli Stati Uniti fecero l’esatto contrario, promuovendolo e raccomandandolo, e persino pubblicandone migliaia di copie «pirata» in lingua russa nonostante le sonore proteste di chi ne deteneva legalmente i diritti d’autore, Feltrinelli, editore del romanzo in Italia.

Questa significativa operazione della CIA si fondò tutta su un assunto decisivo: solo la battaglia culturale rende efficace, fondandola seriamente, quella politica. Pasternak divenne così inconsapevolmente un «agente segreto culturale» dell’Occidente, che gli Stati Uniti sfruttarono con intelligenza «arruolando» pure nientemeno che un altrettanto ignaro Vaticano. Il veicolo scelto dalla CIA per diffondere ovunque il testo «proibito» fu infatti il padiglione vaticano dell’Expo di Bruxelles del 1958, intoccabile culturalmente e inattaccabile politicamente.

Sta tutto in un bel libro che uscirà negli Stati Uniti a giugno, ricco di documenti della CIA recentemente desecretati: The Zhivago Affair: The Kremlin, the CIA, and the Battle Over a Forbidden Book (Pantheon, New York) di Peter Finn e Petra Couvée.

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