È venuto a mancare questa mattina, al San Raffaele di Milano, per complicazioni legate ad una forma di leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da tempo il tre volte premier Silvio Berlusconi, fondatore di Forza Italia e di un vero e proprio impero televisivo. Infinite le sue vicissitudini politiche (come ha già ricordato il nostro giornale). Tra le battaglie più importanti intraprese ricordiamo anche il coraggio con cui nel 2009, andando pure contro il presidente Giorgio Napolitano, si mobilitò personalmente per cercare di salvare la vita, con un decreto ad hoc, ad Eluana Englaro. È questo uno dei ricordi che il senatore Gaetano Quagliarello, fondatore di Idea e presidente della Fondazione Magna Carta, tra gli ex fedelissimi del Cavaliere, ha voluto condividere con noi, nella nostra intervista.
Senatore, innanzitutto, dopo la sua morte, quale eredità lascia all’Italia Silvio Berlusconi? «Penso che il periodo in cui Berlusconi ha interpretato lo spirito dei tempi è stato l’ultimo decennio del ‘900: gli anni ’80 e ’90 del Novecento. In quel periodo, fondamentalmente, ha interpretato l’ottimismo di quel tempo e sulle ali di quell’ottimismo, si è riusciti ad evitare che un sistema che fino a quel momento era stato bloccato, il sistema politico italiano, andasse verso una successione innaturale e cioè garantita da quelli che fondamentalmente erano stati sconfitti dalla storia. Lì ha operato la sua energia e la sua forza, nell’evitare questo. E fondamentalmente questa è stata un’apertura verso la modernità del Paese e verso la modernizzazione del sistema politico. Questa corrispondenza tra Berlusconi e i tempi, nel XXI secolo, invece, si è sfasata, anche se c’è stata una grande tenacia da parte dell’ex premier, una grande capacità di resistere, ma, di fatto, poi, non ha avuto più modo di conquistare quella centralità storica avuta fino ad allora».
Come ricorda la battaglia condotta dal Cavaliere, per salvare Eluana Englaro? «È stata una battaglia da parte di noi, più consapevoli. Una battaglia liberale contro la presunzione fatale di decidere sulla qualità della vita di un’altra persona. È stata una battaglia sofferta e difficile. Berlusconi intuì che c’era nelle nostre intenzioni un fondo liberale che andava rispettato ed è per questo che, in quell’occasione, si schierò dalla nostra parte determinando i comportamenti di tante persone del centrodestra che in un primo momento non avevano capito e avevano assunto quella lotta come una battaglia di retroguardia e non, in qualche modo, un modo per affermare un’altra idea di libertà, che non può essere definita e deve essere basata sul rispetto sacro della vita».
A proposito di sacralità della vita, che rapporto aveva con le battaglie dei cattolici, si trattava di una mera questione di “opportunismo politico”? «È stato un grande secolarizzatore. Secondo me alcune battaglie non le ha totalmente comprese, ma le ha rispettate. Riteneva, comunque, di dover essere da quella parte, nonostante tutto, nonostante su alcune cose la pensasse diversamente. Era un suo modo per rispettare la tradizione e il costume che provenivano anche dalla sua educazione familiare».
Secondo lei, Berlusconi lascia eredi politici? «In realtà sotto questo aspetto è stato un grande individualista. Penso che questo sia stato uno dei limiti della sua azione politica. Non credo ci saranno eredi politici». (Fonte: Imagoeconomica)
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