Ogni epoca ha i suoi profeti, nel 1962 papa Giovanni XXIII avvertiva il mondo, aprendo il Concilio Vaticano II, a «risolutamente dissentire» dai «profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo». Probabilmente papa Roncalli non pensava a Jacques Attali, e nel suo eccesso di ottimismo forse si riferiva ad altro, ma l’economista francese, ex consigliere di Francois Mitterand e scopritore di Emmanuel Macron, uomo di tutte le stagioni e per tutte le stagioni, nel suo ultimo sermone on line pare davvero preannunciare le bibliche piaghe d’Egitto.
Il presidente Mitterand lo nominò suo «consigliere speciale» nel 1981, inoltre Attali, che si è formato all’École nationale d’administration (Ena), fucina degli ingegneri sociali d’oltralpe, è passato poi alla Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, quindi è stato a fianco del presidente Nicolas Sarkozy, mostrando di saper passare con nonchalance da socialisti a liberali. Infine, il suo capolavoro, ha scoperto e lanciato Emmanuel Macron.
La sua ultimissima profezia, risale allo scorso 31 marzo, ed è intitolata “La pandemia, e dopo?”.
«[…] Sarà necessario», scrive Attali, «prepararsi alla probabile comparsa di nuove varianti resistenti ai vaccini attuali, e resistere alla disperazione che potrebbe seguire la necessità di nuove riconfigurazioni, in attesa di produrre ad altissima velocità miliardi di dosi di nuovi vaccini, e organizzare campagne di vaccinazione globali; dovremo deciderci di doverlo fare ogni anno, per decenni; per questa malattia e probabilmente per molte altre. Bisognerà poi decidere di fare finalmente tutto quello che avremmo dovuto fare già da un anno per preparare la nostra società a vivere al meglio in un mondo con molteplici pandemie: la riorganizzazione dei luoghi di studio e di lavoro, in modo che siano strutturalmente adattati a questi periodi, che potremmo rivivere periodicamente.
Infine, dovremo prepararci a tutte le altre minacce, trascurate oggi, come quella di questa pandemia, e altrettanto perfettamente prevedibili: mancanza d’acqua, riscaldamento globale, aridità del suolo, invasioni di insetti, estinzione di innumerevoli specie; e tutti i guai politici che ne deriveranno. Queste minacce sono molto diverse da una pandemia e causeranno danni molto più irreversibili. […]
Prepararsi ora significa trarre le vere lezioni dall’attuale pandemia; è avere il coraggio di mettersi in un’economia di guerra per ridurre massicciamente tutte le attività economiche che aumentano la probabilità che si verifichino questi disastri (combustibili fossili e mezzi di trasporto che li utilizzano, plastica, chimica, industrie tessili); e dare priorità assoluta agli altri settori che condizionano la risposta a queste minacce: industrie mediche, ospedali, formazione dei medici, ricerca, istruzione, igiene, alimentazione, agricoltura sostenibile, digitale, distribuzione, energia pulita, acqua pulita, sicurezza, cultura, democrazia, finanza e assicurazioni non speculative, alloggi sostenibili. Tutti questi settori, che formano quella che chiamo “l’economia della vita”, rappresentano oggi non più della metà della produzione di qualsiasi paese del mondo; tra vent’anni dovrebbe essere due terzi».
Da questa lettura il profeta Attali sembra davvero appartenere alla categoria di quelli di «sventura», quelli da cui metteva in guardia il Papa buono nel lontano 1962. Le bibliche piaghe d’Egitto sembrano, al confronto, un piccolo contrattempo: pandemie a ripetizione, campagne vaccinali «per decenni», «mancanza d’acqua», caldo torrido, insetti, estinzioni… Riconversione della vita sociale (scuola e lavoro) per una economia «della vita» (?).
Per fortuna che il profeta Attali ci ricorda di essere animato da buoni sentimenti. Infatti, tutto ciò richiederà, dice, «una nuova visione del mondo, rivolta alle generazioni future; valori nuovi, più altruistici, priorità nuove e meno futili. Un nuovo modo di fare politica». Perché, termina, «non avremo una seconda possibilità. Se noi non la prendiamo sul serio e in fretta, rimpiangeremo questa pandemia, come uno dei nostri ultimi momenti felici».
A noi non resta che citare Mosè, che di profezie si intendeva: «Se non ubbidirete al Signore, vostro Dio, e non vi preoccuperete di mettere in pratica tutti i comandamenti e le norme che oggi vi comunico, sarete colpiti da queste maledizioni» (De 28, 15).
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