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22.12.2024

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Il primate Stefan Wyszynski, la guida di papa Wojtyla, sarà beato
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23 Ottobre 2019

Il primate Stefan Wyszynski, la guida di papa Wojtyla, sarà beato

Il già venerabile Stefan Wyszynski verrà beatificato il 7 giugno 2020 a Varsavia.

La causa di beatificazione era stata aperta nel 1989 e ora è arrivata l’approvazione del miracolo a lui attribuito: la completa guarigione di una donna – allora diciannovenne – affetta da un tumore alla tiroide dichiarato incurabile, dopo che un gruppo di suore polacche avevano iniziato a pregare per lei chiedendo l’intercessione del Primate morto otto anni prima.

LA VITA DI STEFAN WYSZYNSKI

Wyszynski è nato a Zuzela, nell’est della Polonia, nell’agosto del 1901, da una famiglia numerosa e molto devota: il padre, in particolare, gli ha trasmesso una forte devozione per la Madonna di Czestochowa. Ordinato sacerdote nel 1924 e conseguito il dottorato in Diritto Canonico e Scienze Sociali all’Università Cattolica di Lublino, divenne professore del Seminario. Tuttavia, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il vescovo gli ordinò di nascondersi: seppure con sofferenza, Wyszynski obbedì e si ritirò in campagna, pur continuando la sua missione sacerdotale di cura delle anime in maniera clandestina. Più tardi si sarebbe scoperto che il suo nome «figurava nella lista dei religiosi considerati pericolosi dalla Gestapo e destinati alla deportazione nei campi di concentramento. La stessa lista che recava il nome di Massimiliano Kolbe, ucciso ad Auschwitz nel 1941», e che quindi il suo vescovo gli aveva salvato la vita.

Durante la guerra prestò servizio come cappellano in un ospedale. Quindi, a guerra finita, divenne rettore del Seminario, ma già il 25 marzo 1946 papa Pio XII lo nominò vescovo di Lublino e, dopo la morte del cardinale Hlond, nel 1948 anche dell’Arcidiocesi metropolitana di Gniezno e Varsavia. Fu forse questo il periodo più duro per Wyszyński, che lottò con forza contro l’ateismo portato avanti dal comunismo e, di contro, si batté in difesa della libertà religiosa: in questi anni, riporta Kath.net, il Primate «[…] firmò un trattato con il governo stalinista nel 1950, che ritardò l’attacco cruciale alla chiesa. L’accordo includeva anche il suo arresto. Il cardinale Wyszyński è stato rilasciato dopo tre anni in isolamento». Durante questo periodo di prigionia scrisse nei suoi appunti alcuni moniti ancora oggi attualissimi: «La paura di un apostolo è il primo alleato dei suoi nemici» e, anche, «La mancanza di coraggio è l’inizio della sconfitta per un vescovo».

Wyszyński guidò la Conferenza episcopale polacca e la Chiesa polacca dal 1948 al 1981, anno della sua morte, che avvenne solo quindici giorni dopo l’attentato del 13 maggio ai danni di papa Giovanni Paolo II, per la salvezza del quale aveva offerto la sua stessa vita.

IL LEGAME CON KAROL WOJTYLA

L’offerta della propria vita per quella di Karol Wojtyla esemplifica bene il legame di reciproca stima e amicizia che legava questi due giganti polacchi del XX secolo. Da un lato, il Primate fu determinante nell’approvazione di Wojtyla ad arcivescovo di Cracovia nel 1964 e fu lui a preparare la visita del Pontefice nella sua terra natia nel 1979. Dall’altra, papa Giovanni Paolo II non faceva mistero della stima che nutriva verso Wyszyński, al quale – dopo essere stato eletto al soglio pontificio – si rivolse con queste parole cariche di gratitudine e ammirazione: «Questo Papa non sarebbe stato nella cattedrale di San Pietro se non fosse stato per la tua fede, la tua eroica speranza e la tua fiducia nella Chiesa Madre». E, ancora, nel 1978: «La sua fede e la fiducia in Maria, nonostante le persecuzioni, mi ha aiutato a essere il successore di Pietro».

Inoltre, al momento della morte del Primate, non potendo essere presente al funerale in quanto convalescente, «inviò una lettera alla nazione polacca con la quale invitò a trenta giorni di raccoglimento e di preghiera per meditare sulla figura “dell’indimenticabile Primate Stefan Wyszynski, e sul suo insegnamento, il suo ruolo in un così difficile periodo della nostra storia”. San Giovanni Paolo II esortò tutti a imitare il coraggio apostolico del cardinale e a riprendere l’opera da lui iniziata: “Riprendano quest’opera con grandissima responsabilità i Pastori della Chiesa, la riprendano il clero, i sacerdoti, le famiglie religiose, i fedeli di ogni età e di ogni mestiere. La riprendano i giovani. La riprenda la Chiesa intera e l’intera Nazione”».

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