Non occorre necessariamente guardare ai burocrati di Bruxelles, per trovare scarso rispetto verso il Natale. Tale disprezzo ha difatti messo radici pure da noi e, con cadenza ormai regolare, sfocia in veri e propri atti di vandalismo. Se n’è purtroppo avuta conferma anche nelle scorse ore, con più presepi distrutti. Anzitutto, alla sagra di sagra Sant’ Ambrogio di Trebaseleghe, nel Padovano, dove – a neppure 24 ore dall’installazione – il presepe è stato trovato non solo con le statuine danneggiate, ma addirittura con vari sputi. «Che altro dobbiamo aspettarci prima della fine del Natale?», si chiedono i parrocchiani della zona, e non hanno tutti i torti.
Non è andata però meglio in Trentino dove, sempre nelle scorse ore, è avvenuta la totale devastazione del presepio realizzato con le luminarie sul Doss Trent – piccola collina sulla riva destra del fiume Adige – dagli alpini. Questi ultimi, per inciso, con la loro proverbiale determinazione hanno subito annunciato che si metteranno al lavoro per il ripristino della loro opera natalizia. Certo, comunque il fatto dispiace e rimane decisamente grave.
Anche perché, attenzione, non si tratta di qualcosa di isolato, neppure nello stesso Trentino. Nel dicembre 2016, infatti, dei vandali avevano danneggiato il presepe in piazza a Lavis; durante l’Avvento 2017 era stata addirittura rubata la statua di Gesù Bambino, realizzata in legno dagli artigiani e deposta nel presepe della centralissima piazza Duomo di Trento.
Ancora, nel dicembre 2018 e sempre nella città capoluogo, era stato danneggiato il presepe allestito da commercianti in piazza Vittoria mentre l’anno dopo è stata nuovamente rubata una statua di Gesù Bambino: quella che si trovava nella chiesa di Santa Maria Maggiore, dove ebbero luogo i lavori del Concilio. Insomma, quanto accaduto al presepe di luminarie vandalizzato sul Doss Trent – così come a quello di Trebaseleghe – non è una novità ma, purtroppo, la continuazione di aggressioni che – lette complessivamente – hanno l’evidente sapore della cristianofobia, cioè del rifiuto violento di ciò che è cristiano.
Detto questo, è chiaro che il miglior antidoto verso un clima di tolleranza non possa essere la sola denuncia, che pure è necessaria ma che non basta. Serve proprio una riscoperta del senso del presepe, definito dal filosofo Marcello Veneziani come «modo concreto e favoloso per rappresentare l’alleanza tra il cielo e la terra, tra uomini e animali, tra popoli e sovrani, tra Oriente e Occidente». «Nel presepe», osserva ancora Veneziani, «vedemmo per la prima volta insieme bianchi e neri, uno dei eri magi era moro e non suscitava razzismo. Nel presepe imparavamo a riconoscere ed amare la natura, la bellezza dei monti, dei fiumi e dei laghetti».
Ciò non toglie, evidentemente, come il protagonista del presepe resti però uno e uno soltanto, vale a dire il Salvatore, Gesù Bambino. Di qui la necessità di riscoprire questa tradizione, non solo mantenendola viva ma anche approfondendola. Giova non poco, a questo proposito, la lettura de Il vero presepe, il libro a cura di Luisella Scrosati edito dal Timone, un volume che si prefigge, appunto, lo scopo di illustrare tutti quegli aspetti, anche storici oltre che simbolici, che hanno a che fare con la riproduzione della nascita di Gesù Bambino.
Solo così, solo riflettendo e tornando a guardare il presepe con occhi nuovi potremo propiziare una cultura nella quale, anziché essere continuamente deturpato, esso possa essere riscoperto come un tesoro di cui essere grati. Tanto più che, nella riproduzione in miniatura della grotta di Betlemme, c’è il riflesso della stessa logica evangelica, secondo cui tutto ciò che appare piccolo in realtà è grande, e ciò che appare grande, in realtà, è piccolo. In effetti, per quanto minute siano le loro statuine, non c’è dubbio che, durante l’Avvento, San Giuseppe, Maria e Gesù Bambino siano le figure più grandi e luminose presenti nella nostra casa. Al punto che, a ben vedere, è in realtà il presepe che ospita noi e non viceversa. Le apparenze, come si suol dire, ingannano.
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