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Perché stiamo perdendo il controllo. E come recuperare la ragione
NEWS 25 Febbraio 2020    di Raffaella Frullone

Perché stiamo perdendo il controllo. E come recuperare la ragione

In queste ore abbiamo assistito a veri e propri episodi di psicosi da allarme coronavirus: il 112 è intasato di chiamate, moltissime le persone che hanno deciso di non uscire di casa, molte altre hanno preso d’assalto i supermercati per procurarsi scorte alimentari. Forse più che timore del contagio è la sensazione di perdere il controllo. Abbiamo raggiunto al telefono Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta. Che cosa sta succedendo?

«Semplice: un’ondata di panico, in termini altisonanti timor panicus. La cosa più straordinaria è l’induzione esclusivamente mediatica. Questo dovrebbe farci riflettere… dovrebbe».

Questa crisi improvvisa ha fatto emergere in maniera dirompente il timore, o meglio terrore, della morte. Come se in assenza di coronavirus fosse quasi impossibile rischiare di morire. Quali meccanismi si instaurano e come farvi fronte?

«Il meccanismo è semplice: le passioni, in questo caso la paura, si sostituiscono alla ragione nel determinare le scelte della persona. Ovvero la persona rinuncia ad agire in modo razionale/ragionevole. Questo significa che essa può agire: a) in modo completamente irrazionale, oppure, b) in modo eterodiretto. Da più di un secolo la psicologia ha stabilito che, in conseguenza di uno shock, la persona diventa manipolabile e controllabile, agisce come le viene comandato anche in contrasto con i suoi principi e la logica. Non è quanto sta accadendo? Come farvi fronte? Non credo che sia possibile. Tutto, nella nostra società, ci educa a mettere al comando della nostra vita le passioni e a rifiutare la ragione: televisione, giornali, canzoni… Si tratta dell’esito di un processo, di una lotta. Difficile opporsi, a meno che una persona non sia stata educata e non si sia educata all’antropologia classica, esposta nel mito platonico della biga alata: le passioni sono utili, ma il comando spetta alla ragione. C’è una storiella medio-orientale che racconta di un uomo che vuole mangiare datteri. Qual è il momento più opportuno per piantare datteri, se si vogliono mangiare datteri? Risposta: cent’anni fa. Vivere secondo la ragione, e non secondo le passioni, richiede un’educazione di anni, non si può improvvisare. Le virtù vanno coltivate quotidianamente. Siamo quindi senza speranza? No. La storiella di prima ha un seguito, un’altra domanda: qual è il secondo momento migliore per piantare datteri? Risposta: ora. Cominciamo ora a vivere secondo ragione, è quello che possiamo fare. Non possiamo cambiare il passato, ma il presente sì».

Molti genitori sono disorientati e non sanno come spiegare questa situazione ai bambini, c’è un modo giusto per farlo?

«So che sul web circolano testi, scritti da esperti, che spiegano come parlare ai bambini del coronavirus. Uno di essi, ad esempio, scrive: “Ogni giorno nei laboratori, gli scienziati stanno lavorando per trovare un vaccino e una cura. In ogni momento, le persone che ci governano stanno promuovendo leggi per tutelare la nostra salute. In tutti gli ospedali il personale medico e paramedico è pronto a curare le persone che si ammaleranno. […] Affidati al lavoro di milioni di persone che oggi stanno lavorando e combattendo per vincere la battaglia contro il coronavirus. Impara a immaginarle tutte insieme. Un esercito infinito di milioni di uomini e donne – medici, ricercatori, scienziati, infermieri, forze dell’ordine – contro un invisibile microscopico virus. Ce la faremo, vedrai, ce la faremo”. Parole positive, rassicuranti, che stimolano la fiducia nelle autorità. Ma io non le direi ad un bambino. Non gli direi di affidare la sua vita e le sue speranze né alle autorità politiche, né alla medicina. Non lo farei io stesso. Cosa farei io? Spegnerei la televisione. Mi preoccuperei di proteggere i bambini da queste ansie e queste paure, farei in modo che pensino alle cose alle quali dovrebbero pensare dei bambini: giocare, andare a scuola, gli amici. A tutto il resto ci pensino i grandi, se ne sono in grado».

Il panico a cui stiamo assistendo è anche sintomo di una fede che vacilla?

«Vacilla? Ormai mi sembra già bella che persa. Si parla di pandemia, vera o presunta che sia, e le autorità ecclesiastiche cosa fanno? Moltiplicano le Messe? Organizzano processioni? Ordinano digiuni e penitenze? Macché: tolgono l’unica fonte di salvezza, la celebrazione della Messa, tolgono l’unica fonte di grazia che può salvare questo mondo e questo paese. Invece di dare a Dio il culto dovuto, glielo tolgono. Paura del contagio? Bene, che celebrino Messe sine populo! Invece l’unico pensiero è evitare assembramenti di persone (che pregano) per evitare la diffusione del virus. Una preoccupazione poco metafisica, direi. Non è il segnale che la nostra società, a partire dai vertici, è diventata completamente materialista e ha perso la fede?»


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