di Vincenzo Sansonetti
Eventualità reale, perché non possiamo impedire a Dio di parlare al nostro tempo attraverso sua Madre, ma siamo liberi di non crederci. Il rischio di una religiosità che punta solo su segni tangibili è bilanciato da frutti di preghiera e di conversione.
Nessuna apparizione è indispensabile alla fede, essendo la Rivelazione terminata con Cristo. Ma non possiamo impedire a Dio di parlare al nostro tempo attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari, che denuncino l’insufficienza delle culture che ci dominano, marchiate di razionalismo e positivismo». Così si esprimeva il cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in una celebre intervista di qualche anno fa a Vittorio Messori sugli eventi di Medjugorje, il più imponente fenomeno mariano di oggi. E aggiungeva: «Le notizie di “apparizioni mariane” si stanno moltiplicando». Di fronte a tanta abbondanza, uno dei criteri «è separare l’aspetto della vera o presunta “soprannaturalità” dell’apparizione da quello dei frutti spirituali, della vitalità e dell’ortodossia della vita religiosa» che ne conseguono.
Il 12 febbraio di quest’anno, incontrando gli alunni di una scuola secondaria, il cardinal Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria, in Croazia, ha precisato: «La Chiesa dice che ciò a cui siamo chiamati è credere nelle Sacre Scritture. Tuttavia riconosce la possibilità delle cosiddette rivelazioni private, a cui i fedeli non sono obbligati a credere. Medjugorje può essere considerato sotto questo aspetto». Il cardinale ha poi ricordato che, nei primi anni Novanta, i vescovi dell’ex Jugoslavia, riuniti a Zara, in base alle loro indagini non hanno parlato di soprannaturale a Medjugorje, ma nessuno di loro lo ha neppure negato. «Ancor oggi – ha concluso monsignor Bozanic – aspettiamo a dare il nostro giudizio, perché non abbiamo sufficienti argomenti, anche se non rifiutiamo alla gente il diritto di andarvi in pellegrinaggio a pregare».
Infine il cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, è intervenuto con dovizia di riflessioni sul tema, proprio “in relazione ai fenomeni di Medjugorje”. Pur riconoscendo che non ci si deve «chiudere a tutte le presenze di Maria», Martini si sofferma sui rischi di tali manifestazioni: «Parlo del pericolo di favorire una fede poco pura, che pretende segni tangibili, che crede solo dopo aver visto. Si rischia di creare generazioni di persone sempre pronte a spostarsi in macchina o in pullman da un luogo all’altro per captare un messaggio, per conoscere una veggente, per assistere a manifestazioni carismatiche o esorcismi». Rincara la dose: «Il pericolo è quello di una fede morbosa, superstiziosa, estenuante, che svigorisce la semplicità e l’umiltà di quella fede neotestamentaria che si esprime certamente nel sensibile, però sulla base di un’adesione totale alla Parola, non nella ricerca affannosa di segni molto spesso ambigui».
Tre differenti interventi del Magistero, che s’integrano a vicenda e documentano in maniera efficace e limpida la posizione della Chiesa sulle apparizioni della Madonna: Ratzinger invita a una prudente attenzione ai segni del soprannaturale in un’epoca dominata dal razionalismo; monsignor Bozanic sottolinea la libertà del fedele di credere o meno a tali fenomeni; Martini mette in guardia dal pericolo del sensazionalismo.
È comune il presupposto che per la Chiesa la Rivelazione si chiude con la morte dell’ultimo Apostolo: la Rivelazione pubblica (lo conferma Tommaso d’Aquino) è l’unico fondamento della fede cattolica e solo alla Rivelazione pubblica è dovuta l’obbedienza della fede. La “rivelazione privata” (in cui rientra ogni apparizione, visione o estasi), senza aggiungere nulla e in nulla tradendo la Rivelazione pubblica, ha la funzione di attualizzare, rammentare, vivificare, chiarire. In realtà, la consueta distinzione terminologica pubblico-privato oggi andrebbe precisata meglio, perché superata dai fatti, dal momento che molte apparizioni “private” hanno un carattere totalmente pubblico e una grande risonanza tra i fedeli: basti pensare a Guadalupe (7 milioni di pellegrini l’anno), Lourdes (4 milioni e mezzo), Fatima e la stessa Medjugorje (più di 30 milioni di devoti in oltre vent’anni di apparizioni).
Meglio, come notava padre Ljudevit Rupcic, docente di teologia e biblista, «parlare di rivelazioni interne o esterne alle Sacre Scritture, entrambe vere ed entrambe di origine divina». Se una differenza c’è, sta nel fatto che «la Rivelazione contenuta nelle Scritture viene definita canone, cioè precetto della fede, e grazie a essa si misura la veridicità di qualsiasi altra rivelazione: tutto quello che si contrappone a questa Rivelazione sarebbe menzognero. È importante vigilare, poiché le rivelazioni esterne alle Scritture sono di grande visibilità e richiamano maggiore attenzione della Rivelazione delle verità contenute nelle Scritture e delle diret¬tive ecclesiali».
Il gesuita Giandomenico Mucci, redattore di Civiltà Cattolica, dopo aver ricordato che «spetta alla Chiesa il potere di riconoscere, interpretare e approvare le apparizioni, offrendole al culto e alla devozione dei fedeli», riassume in quattro punti i criteri di un corretto discernimento.
1. Ciò che la Chiesa riconosce e approva è il carattere soprannaturale, l’origine divina delle apparizioni. Che si trovano così ad avere un credito pubblico che garantisce agli occhi dei fedeli l’ortodossia del culto e la correttezza del pellegrinaggio.
2. Il riconoscimento pubblico delle apparizioni non implica tuttavia l’assenso di fede del credente. Il messaggio delle apparizioni, anche se riconosciuto dalla Chiesa, mantiene il carattere di rivelazione privata. Resta però il fatto che, per deferenza nei confronti del giudizio della Chiesa, il cristiano è tenuto a un atteggiamento di accoglienza.
3. Riguardo alle apparizioni che non hanno ricevuto l’approvazione pubblica della Chiesa, si richiede un atteggiamento di prudenza. Sono tollerate pratiche di preghiera e devozione, ma si mette in guardia contro manifestazioni di massa che potrebbero coartare la buona fede.
4. Riguardo alle rivelazioni che sono state oggetto di un rifiuto radicale (non è il caso di Medjugorje), è implicito per la coscienza cristiana conformarsi per obbedienza alla decisione della Chiesa. In conclusione, se è vero che «le apparizioni non hanno la certezza propria dei dogmi di fede» (René Laurentin), per il mariologo Stefano De Fiores non si può «impedire a Dio di inviare la Madre di Gesù per lanciare agli uomini messaggi importanti. Maria è libera di intervenire nel mondo», così come nessuno è obbligato «a credere ai Suoi messaggi o alle sue lacrime». Resta il fatto che la Sua premura materna trova «terreno fertile presso la maggior parte dei fedeli». Cosicché, «intorno alle Madonnine lacrimanti» o che si fanno vedere dai veggenti, spesso «prima ancora che il Magistero pronunci il suo verdetto s’è creato un pellegrinaggio che, al di là di inevitabili speculazioni, presenta un carattere sostanzialmente cristiano: si esprime nella preghiera, nella conversione, nei sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia, in esperienze di guarigione».
IL TIMONE – Aprile 2004 – pag. 48-49