Siamo laici, siamo seri. Persino razionalisti, se siete di quella banda. Credete davvero che dall’unione tra una zebra maschio e una zebra femmina possa nascere dopo tot mesi un peperone? E quindi come si fa a pensare che il genio di Albert Einstein possa nascere da un ammasso informe e indefinito di cellule che per un po’ ha albergato nel ventre di sua mamma? Non si può. Dagli ammassi non nasce niente. È da un natura umana seppur infinitesimale e invisibile che nasce Einstein, è solo dall’uomo che nasce l’uomo. Quello cioè che le madri portano in grembo dal momento stesso in cui vi si annida fecondato è un essere umano. Quasi non lo vediamo, praticamente non lo riusciamo nemmeno a misurare, ma è uomo, pienamente uomo, completamente uomo con tutta la sua dignità, i suoi diritti, la sua libertà. Era soltanto un comunista come Friedrich Engels che diceva (Anti-Dühring, 1878, e Dialettica della natura, 1883) che dalla quantità deriva la qualità: noi invece, laici, razionali, liberi e responsabili, sappiamo bene che le qualità vengono solo dalle qualità, che le quantità vengono solo dalle quantità e che l’uomo è essenzialmente una qualità.
Tra l’altro lo dice bene oggi anche il Corriere della Sera, che dà ampia, e meritata, visibilità a uno studio realizzato alla Rockefeller University di New York e all’Università di Cambridge pubblicato ora contemporaneamente su due autorevoli pubblicazioni quali Nature e Nature Cell Biology. Lo studio si addentra nell’infinitamente piccolo, là dove non avevamo ancora osato perché non ci eravamo riusciti svelando cosa succede nei primi 13 giorni di vita dell’embrione umano, ossia durante la fase detta blastocisti allorché l’embrione s’impianta nella mucosa uterina della madre iniziando attorno al sesto-settimo giorno l’annidamento che dura più o meno fino al 14° giorno di vita. Cosa ne salta fuori?
Ne salta fuori che l’embrione umano è in grado di auto-organizzarsi autonomamente secondo un piano di sviluppo ordinato anche in assenza di segnali esterni, insomma che si sono dietro persino un disegno intelligente e una regola cui l’embrione obbedisce onde fare una cosa tanto basica quanto essenziale: vivere. E poi salta anche fuori che ci sono differenze inaspettate tra i modelli animali e gli embrioni umani per quanto riguarda la diversificazione delle linee cellulari da cui poi dipende l’organizzazione dei tessuti, con il tutto probabilmente dipendente da come si comportano i geni umani. E pure che la ricerca sui topi non basta affatto per farsi un’idea della vita umana. Insomma che (a dispetto dispetto di abortisti e femministe ideologizzate) l’embrione vive, è pienamente se stesso, non è un topo, non è un grumo proteiforme ed è persino autonomo. Vogliamo continuare a chiamarlo massa informe, peperone?
In Italia è vietata la ricerca sugli embrioni umani, ma all’estero si fa con un limite alla sperimentazione posto dal 1984 al 14° giorni di vita. Il limite è stato fissato a 14° giorno perché gli scienziati affermano che è dal 14° giorno di vita che l’embrione acquisita un’esistenza individuale. Questo fino a oggi. Perché oggi che le nuove scoperte cambiano tutto, tutto si arretra. E, come dice Nature, è ora di mettersi a ridiscutere quel limite di 14 giorni e spostarlo. Esatto: com’è possibile infatti giocare all’allegro chirurgo con un piccolissimo essere umano? Occhio non vede, cuore non duole? No, non si può: sarebbe da dottor Mengele. Con buona pace di tutti quelli di dura cervice che dicono il contrario solo perché la bocca ne dà loro la possibilità, la ricerca scientifica più fredda, lucida e avanzata ci dice che l’embrione è se stesso, uomo e non peperone, da subito. Non c’è salto, non c’è trasformazione, non c’è quantità che diventa qualità: c’è solo l’essere umano. Umani cioè anche quegli embrioni coltivati in provetta come delle larve che alla Rockefeller University e a Cambridge sono stati annidati non nel ventre della loro legittima, unica, naturale madre bensì in un substrato artificiale fatto di chissà quale innaturale schifezza e poi buttati nel sifone al 14° giorno per farci dire che l’uomo è uomo sin dal principio, porca sidella.