«Qualsiasi cosa succeda i matrimoni gay verranno approvati anche negli Stati Uniti e la questione non è più “se”, ma quanto presto».
David Mixner, 67 anni, storico attivista per i diritti civili definito da Newsweek «il gay più potente d’America», lo ha detto al Corriere della Sera. Probabilmente ha ragione da vendere e il perché è lui stesso a spiegarlo: «Il voto Lgbt (acronimo che sta per lesbico, gay, bisessuale e transgender, ndr) è molto importante: pesa due volte di più di quello ebraico ‒conferma Mixner, che nella sua carriera è arrivato a raccogliere 40 milioni di dollari per sostenere candidati pro gay ‒. La comunità Lgbt ha dato a Obama la percentuale più alta di voti dopo quella afroamericana. E il sostegno sarà altrettanto massiccio se sarà candidata Hillary Clinton».
In autunno gli americani voteranno per il rinnovo dell’intera Camera dei Deputati (ora a maggioranza piuttosto solida Repubblicana) e per un terzo dei senatori federali (ora non proprio a enorme maggioranza Democratica). Sarà un momento di verifica essenziale, non tanto per capire se Mixner ha ragione (perché purtroppo per ora sembra averla), ma per vedere se il fronte statunitense a difesa del matrimonio e dalla famiglia riuscirà a mettere in campo un’alternativa vincente in vista delle presidenziali del 2016.