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Per cancellare Dio, deve sparire l’uomo. Una bella riflessione sulle miserie dell’ateismo odierno
NEWS 22 Novembre 2016    

Per cancellare Dio, deve sparire l’uomo. Una bella riflessione sulle miserie dell’ateismo odierno

di Marco Luscia

 

Se Dio non esistesse, se fosse progressivamente liberata la mente umana da questo retaggio arcaico, l’ uomo vivrebbe meglio e il mondo raggiungerebbe un condizione ideale.

Più o meno questo ha dichiarato uno dei tanti intellettuali “parigini”, sazi e soddisfatti come certi borghesi tratteggiati impareggiabilmente dal genio di Balzac. Lascio da parte, la critica alle grandi e tragiche ideologie atee novecentesche, si commentano da sole, come si commenta e ” suicida” l’illusione positivista. Preferisco guardare al singolo uomo.

Per comprendere e rispondere ad una simile provocatoria battuta, del tutto infondata, rispondo subito con un’altra battuta, questa volta solida: senza Dio semplicemente non esisterebbe l’uomo.

Non chiamo in causa a sostegno della mia tesi tutta l’antropologia religiosa o la mirabile analisi di Eliade e molteplici altri colleghi, che chiamano l’uomo, Homo religiosus, come dire : dove sta l’uomo sta Dio.

Sia sufficiente qui osservare come Dio si affacci nella mente e nel cuore umani, come esigenza; se non avessimo bisogno di Lui che senso avrebbe parlarne?

Dio non deve essere dimostrato, come non deve essere dimostrata la fame di “pane che perisce,” tutti i desideri mondani stanno li a confermarla, mi chiedo piuttosto se esista una fame di “pane che non perisce”, che mai si consuma. Direi di si. Ogni atto d’amore, la storia di tutte le arti e scienze non anela che a questo.

L’uomo cerca Dio, come cerca un riparo quando fuori gela, l’uomo cerca Dio perché lo sguardo umano penatra troppo la natura, non si limita ad ammirarla. L’occhio dell’uomo è più di un ” occhio fisico”, è “occhio” morale, “occhio” poetico, “occhio” che ama, “occhio” di giustizia, “occhio” che non si accontenta. Chi cerca Dio ha un occhio più grande, vede di più e per questo soffre di più; perché il mondo visto per quello che è realmente non basta. I semplici animali invece stanno nella natura perfetti, ma come ciechi.

Anche chi nega Dio a volte ha un “occhio grande”, ma esso si ferma alla presa d’atto delle troppe incongruenze della vita. E allora ” l’occhio” diventa cieco e nega Dio, con ciò in realtà affermandone la necessità. Non dice forse Gesù: ” io sono venuto a dare la vista ai ciechi e a toglierla a coloro che dicono di vedere”. Questo è ” il grande gioco della vita”, la Divina Commedia.

Da questo gioco restano fuori i superficiali, quelli che non sono ne caldi ne freddi, e perciò verranno vomitati, come recita la Bibbia.

Se neghi Dio, lo devi sostituire, con un surrogato, quello che la scrittura chiama idolo. Per eliminare Dio dal cuore dell’uomo devi dunque abbassare l’uomo, in primo luogo convincendolo che esso è solo natura nella natura. Cieco anche lui, occupato a fissare la materia e l’energia e ad usarle. Utile, ma non basta.

Se vuoi liberarti di Dio devi rimpicciolire i desideri umani, renderli terrigni, brevi, veloci, infiniti e perciò mai paghi, devi sostituire ad un solo Grande Desiderio, ad una sola grande Nostalgia, la moltitudine degli stimoli nervosi. Con sommo gaudio degli psichiatri.

Devi dar vita, in una parola, alla società dei consumi senza fondo; tutto deve durare poco, tutto deve avere una scadenza. Per questo il pensiero stesso di Dio, da fastidio ed è di fatto estirpato dalla logica del fare e del produrre. Dio non ha scadenza. Il Padre nostro è sempre lo stesso, anche quando si accomodino le parole per renderlo al passo con i tempi. Dio è il contemporaneo ma non è al passo con i tempi. Nella realtà basta un piccolo frammento di amore, un dolore che vuole risposta, basta l’innocenza di un bambino che ti guarda, basta una poesia, o un brano musicale e l’intero apparato materialista vacilla.

Per cancellare Dio, ripeto, deve sparire l’uomo; non vogliono forse questo i “falsi profeti” del trans umanesimo? Negare ogni natura, per riscrivere tutto. Nella polvere della loro disperazione.