Come informa l’agenzia Asianews, «l’Amministrazione statale per gli affari religiosi (Sara), detto anche “Ufficio affari religiosi”, finora sotto l’autorità del Consiglio di Stato, passa sotto il diretto governo del Partito comunista».
La notizia, divulgata qualche giorno, fa è la conseguenza di una completa revisione “burocratica” che risale a risoluzioni assunte nel febbraio scorso durante la terza sessione del 19mo Comitato centrale del Partito.
Il controllo delle religioni passa quindi direttamente sotto un organo del Comitato centrale del partito comunista, quello che ha il compito di tessere relazioni con le élite non comuniste.
Asianews riporta, tra le altre, l’opinione espressa sulla sua pagina Facebook da Ying Fuk-tsang, direttore della Divinity School della Chinese University di Hong Kong, a proposito di questa “riforma”.
«La religione – afferma – è un diritto elementare del cittadino, difeso dalla Costituzione. Se esso viene sottoposto a un compito specializzato del Partito, ciò è senza dubbio un cambio importante nelle attività religiose dai tempi della fondazione della Cina comunista. Esso riflette l’espansione senza limiti del potere del Partito, che viene a interferire in modo diretto con i diritti elementari dei cittadini. Tale regressione è certo negativa per lo sviluppo della libertà religiosa in Cina».
Il prof. Ying, un cristiano protestante, segue da vicino anche i recenti sviluppi dei rapporti Cina-Vaticano. «Non posso fare a meno –commenta – di domandarmi se il Vaticano conosce questi fatti e se ancora crede nel pio desiderio che in Cina la libertà religiosa si sta muovendo verso la luce, e che la libertà religiosa dei cittadini cinesi verrà pienamente difesa».
«Forse la Santa Sede offrirà un’altra interpretazione per giustificare la leadership del Partito sulle religioni, credendo che essa possa garantire maggior spazio alla libertà religiosa coi suoi soli sforzi».
Nel frattempo ci sono diverse voci che darebbero per imminente l’annuncio del controverso accordo tra Santa Sede e Pechino.
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