Nella tarda mattinata di ieri la notizia è rimbalzata velocemente su Twitter e sui quotidiani francesi e su quelli di tutto il mondo: il provinciale superiore dei missionari monfortiani, padre Olivier Maire, sessantenne, è stato assassinato a Saint-Laurent-sur-Sèvre dal quarantenne Emmanuel Abayisenga, rifugiato ruandese che era stato arrestato lo scorso luglio per aver appiccato il fuoco alla bellissima cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Nantes. L’uomo, reo confesso, era ospite della comunità del sacerdote da alcuni mesi, sotto sorveglianza giudiziaria.
I COMMENTI NEL MONDO DELLA POLITICA
Su Twitter, oramai organo indiscusso cui affidare i propri commenti in tema d’attualità, il Ministro degli interni francese, Gérard Darmanin, appena appresa la notizia ha subito commentato: «Tutto il mio sostegno ai cattolici del nostro Paese dopo il tragico assassinio di un sacerdote in Vandea. Vado lì». Cosa che aveva suscitato un batti e ribatti dai toni politici con una indignata Marine Le Pen («In Francia, quindi», ha twittato la presidente di Rassemblement National, «possiamo essere irregolari, bruciare la cattedrale di #Nantes, non essere mai espulsi, e ripetere uccidendo un prete»).
Sempre in ambito politico, Bruno Retailleau, senatore repubblicano e presidente del Consiglio regionale dei Paesi della Loira, ha affidato a Twitter il proprio pensiero commosso, innanzitutto da persona che conosceva personalmente padre Maire: «Voglio rendere omaggio a padre Olivier Maire, superiore dei monfortani assassinato da un criminale che alloggiava per carità. La sua morte testimonia la gentilezza di questo sacerdote che conoscevo bene e di cui avevo potuto apprezzare la profondità della fede. La sua morte è una grande perdita». Un tweet, questo, rilanciato dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, con l’aggiunta di un commento scritto a nome dell’interna Nazione: «Indossava generosità e amore per gli altri anche nei tratti del viso. A nome della Nazione, rendo omaggio a padre Olivier Maire. Un caro pensiero ai monfortani e a tutti i cattolici di Francia. Proteggere chi crede è una priorità».
LE PAROLE DEL MONDO ECCLESIALE
Sul fronte ecclesiale, la Conferenza Episcopale di Francia e la Conferenza dei Religiosi e delle Religiose di Francia hanno subito emesso un Comunicato stampa nel quale «esprimono la loro immensa tristezza e timore» e «assicurano della loro preghiera i suoi [di padre Maire, ndR] genitori, i suoi parenti, i Missionari Monfortani, la comunità della basilica di Saint Louis-Marie Grignon de Montfort a Saint-Laurent-sur-Sèvres e tutta la grande famiglia religiosa monfortana».
Accanto a questo, fin dalle prime ore si è espresso Mons. François Jacolin, vescovo di Luçon, che ha affermato che padre Maire «è morto vittima della sua generosità, martire della carità». Un pensiero che è ricorso anche nel tweet del delegato episcopale all’informazione della diocesi di Rennes, Nicolas Guillou, che confermando l’identità dell’assassino ha ripetuto che il sacerdote è stato «vittima della sua generosità».
Commenti cui nelle ore se ne sono aggiunti ovviamente molti altri, tutti dello stesso tenore.
UNA RIFLESSIONE SOCIO-RELIGIOSA E SPIRITUALE
Di certo, a poco più di cinque anni dall’assassinio di padre Jacques Hamel, vero e proprio martire della fede ucciso in chiesa all’età di 85 anni, l’evento di ieri torna a scuotere la Francia, e con essa l’intera comunità internazionale. Di fronte a eventi come questi, tuttavia, è spesso facile lasciarsi muovere solamente sul piano emotivo. Invece la riflessione che è bene che sia mossa interessa anche, e soprattutto, un piano più profondo, di carattere socio-religioso e spirituale. Da un lato, infatti, è sempre più evidente che la questione inerente la pacifica convivenza tra persone di confessioni diverse, e in particolare islamici e cristiani, non può più essere elusa: va affrontata. Dall’altra, figure come quelle di padre Maire e padre Hamel fungono da richiamo per tutti i cattolici: con la loro testimonianza di vita, e con la loro morte, mostrano a tutti che vivere «con Cristo, in Cristo e per Cristo» non è solo una formula che siamo soliti ascoltare durante la Santa Messa, bensì può – e dovrebbe – diventare una realtà quotidiana per tutti i battezzati.
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