Abolita la generica dicitura “genitori 1 e 2” introdotta dal Governo Renzi il 23 dicembre 2015 al fine di evitare presunte “discriminazioni” alle “famiglie” arcobaleno: sulla carta d’identità dei minori tornano “padre” e “madre”, grazie a un decreto datato 31 gennaio 2019 e firmato dai ministeri dell’Interno, della Pubblica amministrazione e dell’Economia che è stato ora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.
Dopo poco più di tre anni ecco quindi che si fa marcia indietro e si torna a guardare al dato biologico, che vuole tutti figli di un uomo e di una donna. E a poco sono valse le contestazioni dei soliti noti, così come anche il pronunciamento contrario da parte del Garante della Privacy (che Il Timone aveva commentato qui), che lo scorso ottobre aveva affermato che la modifica fortemente voluta da Matteo Salvini era «suscettibile di introdurre, ex novo, profili di criticità nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un soggetto minore, è presentata da figure esercenti la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica “padre” o “madre”», arrivando quindi a legittimare in maniera neanche troppo implicita il fatto che la famiglia può essere intesa in tanti modi differenti, così come il fatto che un minore possa avere “due mamme” oppure “due papà”.
Per commentare la notizia Il Timone ha contattato Jacopo Coghe (foto a fianco), presidente di Generazione Famiglia, nonché vicepresidente del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie appena conclusosi.
Coghe, cosa pensa del ripristino delle diciture “padre” e “madre” sulla carta d’identità dei minori?
«Penso sia un segnale importante, che va nella direzione che speravamo. Un segnale culturale, non ideologico, per cercare di smantellare il pensiero unico dominante per il quale erano stati eliminati i termini “padre” e “madre” in favore del più neutro “genitori”».
La notizia arriva a pochi giorni dalla conclusione del Congresso Mondiale delle Famiglie: benché sia maturata in un tempo precedente, possiamo comunque dire che, anche in virtù dell’evento di Verona, l’aria sta cambiando?
«Sicuramente sì, viste anche le varie dichiarazioni di Luigi Di Maio che, al di là degli insulti che ha rivolto agli organizzatori e alle persone presenti al Congresso, comunque sembra che si voglia impegnare in politiche per la famiglia.
Colgo però qui l’occasione per ribadire che, a mio avviso, i provvedimenti politici in sé non bastano, ma che è innanzitutto necessario un lavoro a livello culturale che spieghi perché è importante la famiglia, anche perché c’è sempre chi i figli li fa anche se non ha soldi e supporto… Insomma, credo sia importante lavorare su tutti e due i fronti, culturale e politico, in maniera unitaria e per un periodo continuativo».
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