Roma. Il cardinale Peter Turkson, presidente del pontificio consiglio Giustizia e pace nonché porporato da tempo in prima linea nella battaglia contro i cambiamenti climatici – è stato lui, lo scorso giugno, a presentare l’enciclica Laudato si’ al mondo – ha fatto sapere che se da Parigi non arriveranno buone nuove, ossia se la Conferenza sul clima si avvierà all’ennesimo nulla di fatto, il Papa «potrebbe intervenire, con un commento o una dichiarazione», per tentare di uscire dallo stallo o per esortare le leadership riunite in Francia a fare di più. Di certo non darà ultimatum, «perché ciò non appartiene al suo stile». Però qualcosa bisogna aspettarselo. Molto ha già fatto, dall’enciclica mandata in stampa proprio in vista del vertice parigino, fino all’Angelus di domenica scorsa con tanto d’appello ai potenti per prendere decisioni coraggiose.
«Ma la chiesa non può permettersi di dare il suo sostegno a delle ipotesi pseudoscientifiche che poi si dimostrano essere inaccurate per quelli che sono gli scopi umani», dice al Foglio il professor James Schall, padre gesuita e fino a pochi anni fa titolare della cattedra di Filosofia politica alla Georgetown University di Washington: «La Chiesa, così facendo, rischia di essere ridicolizzata per aver agito al di fuori delle proprie competenze, confondendo la scienza, (che è sempre riformabile quanto ai propri princìpi) con i fatti». Non può essere questa, dice Schall, la priorità della Chiesa. «Certamente lo è per qualcuno», aggiunge: «Se il riscaldamento della Terra sia un fatto o se l’abbandono del carbone sia un vantaggio o uno svantaggio per il mondo sono questioni di giudizio e oggetti di accurata analisi delle prove. Ma la Chiesa non può mettersi sulla scia di queste considerazioni. Deve astenersi dal dare il proprio sostegno a qualunque ideologia».
Il docente della Georgetown University ha buttato un occhio allo spettacolo dell’altra sera – «Grazie a Dio non ero lì», dice – con la proiezione di immagini di animali e ambienti naturali sulla facciata della basilica di San Pietro. Uno show per sensibilizzare i fedeli riguardo i cambiamenti climatici, era stato annunciato ufficialmente. Non è questione di profanazione del luogo sacro – l’interno della chiesa è ricolmo di figure d’animali, draghetti compresi – quanto della ideologia che sottintende quella proiezione, che pochi collegamenti pare avere con la teologia cristiana: «Nel loro habitat naturale, tartarughe e pinguini sono creature davvero carine. Ma, ahimé, è come se si fosse proiettata la basilica vaticana sulla facciata dello zoo di Roma». Insomma, un no sense.
La questione che rileva è un’altra, ben più decisiva d’un evento serale presentato come una «sinfonia visuale» dal suo curatore, Travis Threlkel: «Con così tante discussioni sul riscaldamento globale e le questioni ambientali, viene spontaneo domandarsi che cosa stia accadendo qui», dice Schall. «L’opinione pubblica ritiene che l’uomo, con la sua sola presenza, stia abusando della Terra. Terra che è ritenuta essere più importante dell’uomo. In un contesto con così tanti miliardi di esseri umani, ogni vita è insignificante e può essere rimpiazzata. Di conseguenza, si sviluppa una morale che parte non dall’uomo, ma dalla Terra. L’uomo viene dopo, non è più al primo posto. La tesi dello sfruttamento del pianeta – osserva il nostro interlocutore – sembra essere in conflitto con la visione biblica secondo cui l’uomo ha il “dominio” sui beni della terra». Beni che, scriveva lo stesso padre Schall in un articolo comparso qualche mese fa sul Catholic World Report, «sono lì a disposizione dell’uomo, per i suoi scopi».
È un dibattito che sfocia nell’assurdità, se si pensa che «tra novanta e cento miliardi di esseri umani hanno già vissuto su questo pianeta nel corso di migliaia e migliaia di anni. Uomini e donne che sono stati “sostenuti” dall’abbondanza della terra. Contrariamente alle aspettative poi, le generazioni nuove che appaiono sul pianeta sono sempre migliori delle precedenti, almeno per quanto riguarda le loro condizioni fisiche». «Noi – scriveva Schall, autore di decine di pubblicazioni (l’ultima è On Christians & Poverty, 2015) – non abbiamo alcuna idea di quante generazioni ci saranno nei prossimi secoli o millenni. Pretendere di saperlo è pura arroganza. Alcuni pensatori sembrano assumere che esista una correlazione uno a uno tra il numero delle future generazioni e la diminuzione delle risorse disponibili. Questa ipotesi stima che l’uomo sparirà quando le risorse saranno esaurite, a meno che non fugga da qualche parte nel cosmo. Si dice ancora – nota Schall – che la “vera” missione umana sia quella di mantenerci in vita su questo pianeta il più a lungo possibile. Questo sforzo è il compito serissimo che l’umanità è chiamata a compiere. E tutti gli altri scopi, gli altri fini umani, diventano insignificanti. L’alternativa al Cielo diventa così la colonizzazione interstellare o il mantenere la terra incontaminata».
Ma questa altro non è che «una ipotesi escatologica secolare destinata a sostituire, come scriveva Benedetto XVI nella Spe Salvi, la concezione cristiana della vita eterna. Tutto ciò porta a un nuovo o rivitalizzato culto della Terra. In altre parole, le sue basi empiriche non sono altro che congetture». Maliziosa è la chiosa finale: «Non si parla più di riscaldamento della Terra, forse perché certe teste dure si sono accorte che non è che si stia riscaldando molto».