L’Arcivescovo di Valladolid, Mons. Luis Argüello, ha ordinato i seminaristi Jorge Polo e Mario Martín nuovi diaconi dell’arcidiocesi di Valladolid. La Cattedrale ha testimoniato l’impegno dei giovani nei confronti del loro pastore di «osservare il celibato per tutta la vita, conservare e accrescere lo spirito di preghiera e celebrare la Liturgia delle Ore e imitare sempre nella loro vita l’esempio di Cristo».
Durante la cerimonia di ordinazione, in cui i già diaconi erano accompagnati dai loro familiari e amici, compagni seminaristi e una sessantina di sacerdoti e diaconi permanenti, don Luis si è congratulato con loro per la loro vocazione, ha spiegato le loro nuove responsabilità in questa nuova tappa del cammino verso il sacerdozio, e ha ricordato loro che il diacono è un servo a immagine di Nostro Signore Gesù Cristo.
«L’ordinazione diaconale significa anzitutto accogliere nel proprio cuore il fuoco vivo dello Spirito Santo perché gli dia una forma, la forma di Gesù Cristo servo, ancor più schiavo. In questo modo dobbiamo porci al servizio del popolo santo di Dio e, soprattutto, al servizio del Signore e di coloro che hanno le ferite ei segni della sua Croce», ha sottolineato monsignor Argüello.
«Entrando in questa scuola farai delle promesse tremendamente controculturali, ma in realtà sono una novità rivoluzionaria di cui il nostro mondo ha bisogno. Prometti di custodire la preghiera della Chiesa dalla mattina alla sera […]; vivi il celibato per tutta la vita, vivi la tua condizione sponsale in modo celibe […]; prometti obbedienza, a me e alle persone che non conosci, a quelle che verranno dopo. Metterete la vostra libertà nelle mani della Chiesa (…). E anche, volendo servire la missione della Chiesa nell’annuncio del Vangelo, nella vicinanza dell’altare, nella distribuzione del Corpo e del Sangue di Cristo», ha aggiunto l’arcivescovo.
«Entrerete in un’avventura entusiasmante», ha concluso don Luis, «ma siete fragili, ed è per questo che dovete continuare in un cammino formativo fino al sacerdozio e, poi, in quella che la Chiesa chiama Formazione Integrale Permanente».
Il prelato ha poi sottolineato l’importanza di indossare l’abito ecclesiastico: «… Potete indossare un abito clericale, potete portare un distintivo, affinché si possa vedere nella pubblica piazza che siete uomini consacrati al Signore. C’è stato un tempo in cui la novità sembrava riguardare il togliersi la tonaca. Oggi c’è un tempo in cui sicuramente il rivoluzionario, la novità, la presenza del soprannaturale nelle strade e nelle piazze, è che i frati portino l’abito, che le monache siano riconoscibili, e che quelli di noi che sono stati ordinati siano riconoscibile anche loro».
Don Luis ha infine aggiunto la sua esperienza di questi anni in cui, per la carica di segretario generale e portavoce della Conferenza episcopale spagnola, ha viaggiato molto. E, in quei suoi viaggi, molte persone hanno chiesto di accedere alla S. Confessione proprio...quando lo vedevano vestito come si conviene a un prete, nel suo caso un vescovo.
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