Oggi, 22 maggio, la Chiesa cattolica celebra una della sante più amate e invocate di sempre: santa Rita da Cascia. In Italia e in tutto il mondo, sono numerosi i fedeli che si rivolgono a lei per la sua eccezionalità di intercedere grazie. Moglie, madre e santa. Già questo basterebbe per descrivere la Santa cosiddetta «delle cause impossibili». Nella sua ordinaria storia, Margherita Lottius – Rita dovrebbe essere infatti un’abbreviazione affettuosa – nasce intorno al 1380 a Roccaporena, piccolo paese incastonato nelle montagne dell’Umbria. Nasce dopo anni di attesa da genitori già anziani che l’accolgono come «un dono della Provvidenza». Si distingue fin da piccola per la sua bontà e devozione alla Chiesa. Rinuncia al desiderio di diventare una religiosa per obbedire ai suoi genitori che volevano sposasse Paolo di Ferdinando, uomo dal temperamento violento e collerico. Questa violenza si riversa su Rita, che però accetta la croce e rimane fedele al marito pregando che la sua anima si convertisse a Dio.
Con la grazia ricevuta e con il suo dolce carattere, Rita riuscirà ad ammansire il marito, senza però levargli quel desiderio di vendetta verso i suoi avversari nelle contese politiche che caratterizzavano quel tempo. Così, in un susseguirsi di vendette e odio, un giorno Rita dovrà correre in un boschetto per piangere sul corpo del marito trovato ucciso, squarciato dalla lama tagliente di un coltello. Due i figli avuti dal matrimonio con Paolo: Giangiacomo Antonio e Paolo Maria. Per via della loro somiglianza col padre e per le consuetudini della società che legittimavano la vendetta, Rita teme che finiscano con l’uccidere gli assassini. Così la Santa prega Dio affinché potesse riprenderli, pur di non macchiarsi di un simile crimine. Una richiesta sconvolgente, che però dimostra l’amore profondo di una madre che ha saputo superare l’attaccamento meramente terreno per i suoi figli, guardando invece alla salvezza eterna. Dio sarà fedele, l’ascolterà. Si narra che i due giovani moriranno per malattia.
Rita si ritrova a quel punto vedova e sola a piangere la morte di entrambi i figli, ma in pace con tutti nella grazia del perdono. In quel dolore incontra lo Sposo che la richiamava fortemente a Lui: si fa di nuovo viva in lei la vocazione alla vita consacrata. Vuole entrare nel monastero della agostiniane, che però la rifiutano più volte a causa del suo matrimonio passato e della storia che si portava alle spalle. Si narra che in una notte di preghiera Rita sente chiamarsi per nome tre volte. Vede aprirsi la porta della sua stanza ritrovandosi di fronte sant’Agostino, san Nicola di Tolentino e san Giovanni Battista, a cui è molto devota. Poi, i tre santi la invitano a seguirli fuori. Dopo aver percorso alcune strade, sente alzarsi in aria e improvvisamente una forza esterna a lei la conduce verso Cascia in direzione del monastero di Santa Maria Maddalena. Quando si riprende dall’estasi, si trova all’interno del Monastero. Dopo lo straordinario accaduto, le suore agostiniane si vedono costrette ad accoglierla, pur non avendo tutte “le carte in regola”. Benché illetterata, viene ammessa fra le monache coriste, cioè quelle suore che sapendo leggere potevano recitare l’Ufficio divino. Evidentemente per Rita viene fatta un’eccezione.
Quello stesso anno, nel 1417, Rita fa la sua professione religiosa. Nel monastero dure prove l’aspetteranno, ma non si sente mai abbandonata da Dio, conducendo una vita di esemplare carità e santità. La croce delle sue sofferenze diviene letteralmente letto d’amore dove il Signore le dona lo stigma che segna la sua fronte con una spina della corona di Gesù crocifisso. La piaga diviene in seguito purulenta e putrescente, costringendola alla segregazione. La ferita scompare soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma per perorare la causa di canonizzazione di san Nicola da Tolentino, permettendole di circolare fra la gente.
Nella fase finale della sua vita, si immedesima totalmente nella Crocifissione, facendo uso di digiuni e flagelli e vivendo la Comunione eucaristica come suo unico sostentamento. E sul finire della sua vita avviene anche un altro prodigio: essendo immobile a letto, riceve la visita di una parente che le chiede se desiderasse qualcosa della sua casa di Roccaporena. La Santa risponde che le sarebbe piaciuto avere una rosa dall’orto, ma la parente obietta che è pieno inverno e che non sarebbe stato possibile. Tuttavia, tornata a Roccaporena, si reca nell’orticello e, in mezzo a un rosaio, vede una bella rosa sbocciata. Stupita, la coglie e la porta da Rita a Cascia la quale, ringraziando, la consegna alle consorelle, stupite. Così diviene la Santa della “Spina” o della “Rosa” e nel giorno della sua festa vengono benedetti questi fiori e distribuiti ai fedeli.
Sale al Cielo il 22 maggio 1447 (o alcuni ritengono 1457) mentre le campane suonano a festa. Il processo di beatificazione avviene nel 1627 ad opera di papa Urbano VIII e il 24 maggio 1900 Leone XIII la canonizza solennemente. Oggi il Santuario e il monastero di Cascia costituiscono il cuore del suo culto e culla della grande santità umbra. E oggi, in mezzo a tante cause che ai nostri occhi sembrano impossibili, ricordarci della sua vita è un segno forte. Una possibilità per appellarci alla Santa che ha testimoniato come a Dio nulla è impossibile. (Fonte foto sfondo, basilica di Santa Rita a Cascia: Facebook – foto in rilievo, Santa Rita: Facebook)
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