Durante la Messa della prima Javierada di quest’anno – pellegrinaggio in onore di San Francisco Javier che vede la partecipazione di 30.000 pellegrini e che si svolge il 5 e l’11 marzo -, l’arcivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela, Mons. Francisco Pérez, ha chiesto ieri di vivere «con fede e con amore cristiano» e ha avvertito che «chi intende emarginare Dio, tenga conto che a poco a poco perderà la propria identità».
L’arcivescovo ha ricordato che sono passati quattro secoli dalla canonizzazione del santo gesuita: «È un momento molto bello da molti anni e quest’anno ha un significato speciale perché stiamo celebrando il 400° anniversario della canonizzazione di san Francisco de Javier. Mi sarebbe piaciuto che il Papa fosse venuto, ma ha un sacco di lavoro che non gli permette di essere qui. In un’occasione passata c’era stato papa san Giovanni Paolo II e abbiamo avuto la possibilità di poter ricevere molte persone e molti membri del clero da tutti i luoghi e in modo speciale, naturalmente, dalla Chiesa spagnola».
Monsignor Francisco Pérez ha ricordato poi che in questo periodo si celebra una novena chiamata la “Novena della grazia”, che si svolge dal 4 al 12 marzo: «Ciò che aiuta di più coloro che sono in pellegrinaggio è quella frase, che è una frase della Sacra Scrittura, del Vangelo, che Ignazio di Loyola lanciò a Francesco di San Javier quando era in Francia, a Parigi, per studiare: «Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? Perché aveva grandi pretese. Non solo dobbiamo prenderci cura della nostra anima, ma anche portare la salvezza di Cristo a molte persone e per questo abbiamo il grande patrono delle missioni, Francisco de Javier».
Ha ricordato la necessità di testimoniare la nostra condizione di cristiani: «Essere attaccati alle cose della terra, a volte, ci paralizza e ci impedisce di guardare molto più in alto. Al momento attuale manifestare che siamo cristiani ci costa molto e possiamo venire ridicolizzati. Non possiamo cadere nella tentazione della codardia e ancor meno di pensare che il credente sia un parassita della stessa società. A volte ci convinciamo che sia così e non è vero».
Mons. Pérez ha affermato che «la società ha bisogno di credenti umili che, con coraggio e fermezza, manifestino le loro convinzioni. […] Non abbiamo paura di metterci la faccia per il Signore, anche se questo agli occhi della società appare come qualcosa di sciocco e debole. La fede è un dono che abbiamo ricevuto da Dio e non possiamo nasconderlo come se fosse qualcosa di strano alla nostra realtà umana», ha esortato. L’arcivescovo ha quindi insistito che «la fede non è qualcosa di triste e spento ma la luce che illumina le nostre vite e porta la gioia di vivere con entusiasmo. Viviamo con fede e con amore cristiano in modo tale da trascinare e portare sollievo a coloro che ci circondano. Credere non è una devozione più o meno pia ma una vita che porta all’essere umano l’unica novità che lo fa esultare di gioia». (Fonte) (Fonte foto: Facebook)
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