Louise Casey è la donna incaricata dal governo britannico (nel 2015, quando in carica c’era David Cameron) di studiare il livello e i problemi di integrazione delle «comunità più isolate» presenti nel paese. Non a caso è frequentemente indicata dalla stampa come “zarina dell’integrazione” o “zarina dell’uguaglianza”. Lunedì 9 gennaio era in Parlamento per un’audizione in merito al suo recente rapporto che critica apertamente l’approccio buonista mantenuto per anni verso gli stranieri dalle istituzioni di sua maestà, concentrandosi in particolare sull’isolamento delle enclave pachistane e bengalesi. Non sono mancati spunti per accese polemiche.
A SENSO UNICO. Come si legge in un articolo del Guardian, la Casey, di fronte ai membri della commissione “Comunità e governo locale” della Camera dei comuni, «ha respinto l’idea che l’integrazione debba essere una strada a due sensi in cui la comunità ospitante è chiamata ad adattarsi a propria volta» alle esigenze e alle usanze degli ospiti.
Le parole della “zarina dell’integrazione”:
«Io non penso che sia una strada a due sensi. Penso che questa sia solo una citazione che alla gente piace ripetere. Per restare all’analogia della strada, io direi che l’integrazione è come un’autostrada bella grande, poi c’è un raccordo da cui le persone si immettono da fuori. Quello di cui c’è bisogno è che le persone nel mezzo [dell’autostrada] facciano spazio e siano gentili verso la gente che viene dalla corsia esterna, ma andiamo tutti nella stessa direzione e puntiamo tutti nella stessa direzione».
UN GIURAMENTO. Il Guardian riporta in particolare le nette prese di posizione della Casey sulla «tendenza alla segregazione delle comunità musulmane britanniche» e sulle discriminazioni subite dalle donne al loro interno; aggiunge una battuta poco politicamente corretta della signora a riguardo della necessità di insegnare agli immigrati «il nostro modo di vivere e quando portare fuori la spazzatura o mettersi in coda o essere cortesi»; segnala la sua proposta (difesa davanti ai parlamentari) di introdurre un «giuramento di integrazione» per «incoraggiare i nuovi migranti ad abbracciare i valori britannici».
LE SCUOLE CATTOLICHE. Ma l’immagine dell’integrazione come un’autostrada in cui «tutti andiamo nella stessa direzione» assume un significato un po’ più radicale alla luce della cronaca del Catholic Herald, dove viene ripreso un passaggio dell’audizione della Casey ignorato dal Guardian. Il giornale cattolico spiega infatti che a un certo punto la “zarina dell’integrazione” è stata interrogata sul caso della tentata islamizzazione di alcune scuole di Birmingham, e davanti ai parlamentari ha confermato che «sì, lo stesso sta succedendo altrove». Ma poi, per spiegare quale sia secondo lei la giusta posizione da assumere rispetto alle pretese dei vari “community leader”, ha cominciato a parlare delle scuole cattoliche.
La parola di nuovo alla Casey:
«Una scuola laica dovrebbe chiudere all’una il venerdì per motivi religiosi? Io so come la penso su questo, ma so anche che quel preside deve intrattenere una serie di difficili conversazioni con la comunità, che poi spesso si scopre che non si tratta neanche dei genitori [degli alunni]. Non succede dappertutto, in ogni angolo del paese, ma in certe comunità in alcune aree sì.
Quand’è che un insegnante che guida una scuola laica dice: “No, va bene se non vuoi fare teatro”, o musica, o questo tipo di cose? Quand’è che questo è ok? Io non ho davvero niente da dire sulla religione che propone questo tipo di opinioni, ma [queste opinioni] non sono ok, allo stesso modo in cui non è ok per una scuola cattolica essere omofoba e contro il matrimonio gay. Neanche questo è ok – non è questo il modo in cui tiriamo su i bambini in questo paese».
UGUAGLIANZA PER CHI? La Casey se la prende poi in generale con il «conservatorismo religioso», categoria nella quale secondo la sua visione probabilmente andrebbe ricompresa anche l’opposizione cattolica al matrimonio gay. «Ho un problema con l’espressione “conservatorismo religioso”, perché spesso può essere anti-egualitario. Dobbiamo stare attenti che le persone possano scegliere, ovviamente, di vivere le vite che vogliono vivere, ma non possono condannare gli altri perché vivono diversamente». La battuta del parlamentare conservatore Edward Leigh è quasi un gol a porta vuota: «La zarina dell’uguaglianza dice che “non possiamo condannare gli altri perché vivono diversamente”, poi condanna i cattolici perché vivono diversamente».