Dalla Regione Marche arriva un importante no alla pillola abortiva nei consultori. Si tratta di una iniziativa politicamente rilevante che va ad aggiungersi alla medesima decisione presa già dalla Regione Piemonte in contrasto alle linee guida del ministero della Salute che sdoganavano la libera prescrizione della RU 486.
L’Aula dell’Assemblea Legislativa delle Marche ha discusso e rispinto la mozione sull’interruzione volontaria di gravidanza presentata dalla consigliera del Partito Democratico Manuela Bora che chiedeva di applicare le disposizioni del ministro Speranza. Disposizioni che non tengono conto dei rischi elevatissimi per la salute delle donne nel concedere l’aborto fai da te.
Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, ha bollato la questione come una battaglia senza senso, «mentre oggi la battaglia da combattere secondo l’ex deputato è quella della natalità». Così anche la capogruppo di Forza Italia, Jessica Marcozzi, che «ha invece ribadito il no della maggioranza alla pillola abortiva nei consultori, spiegando che le donne vanno aiutate a scegliere la vita».
Plaudono le associazioni pro-life che stanno conducendo la battaglia contro la RU.
«Il no alla pillola abortiva nei consultori delle Marche, come invece era stato richiesto dalla iniqua direttiva del Ministero di Roberto Speranza, non è solo la vittoria del Consiglio regionale, ma è anche il frutto del nostro impegno civile a favore della vita attraverso la nostra ultima campagna contro la Ru486 e #dallapartedelledonne», spiega in una nota Toni Brandi, presidente di Pro Vita e Famiglia onlus.
Anche Jacopo Coghe, vicepresidente della onlus ha detto che «l’interruzione di gravidanza è regolata dalla legge 194, che si poggia sul sostegno alla maternità e sulla tutela della salute della donna. Entrambe secondo le direttive del Ministro Speranza, sarebbero state ignorate e non protette. Il contributo delle associazioni pro-vita è stato determinante e lo sarà sempre di più, per far vedere al mondo che dietro una scelta tanto dolorosa e atroce, c’è un bambino. Permettere di abortirlo a casa, lasciando le donne sole di fronte allo strazio fisico e psicologico di vedere quel corpicino eliminato, è un orrore giuridico, etico e sanitario».
Soddisfatta anche Giorgia Latini, assessore alle politiche giovanili della Regione Marche che nelle settimane scorse era stata oggetto di una pesante campagna minatoria da parte di ignoti che avevano scritto sui muri di un consultorio marchigiano l’invito a «bruciarle casa».
Il Timone l’ha intervistata.
Assessore Latini, la vittoria in Consiglio regionale quali spazi apre per una cultura della vita in regione?
«Il dibattito in consiglio regionale ci ha dato la possibilità di rimarcare la nostra posizione che è a favore dell’applicazione della legge 194 e di ripetere che questa giunta vuole mettere in campo iniziative a favore della donna, sia per quello che riguarda la possibilità di erogare sostegni economici che psicologici, in un momento così delicato come quello della decisione sull’aborto e anche la volontà di lavorare per potenziare i consultori sul territorio regionale».
L’RU resterà di prescrizione negli ospedali, comunque, si proverà a incentivare anche la campagna di comunicazione che metta in evidenza anche i grandi rischi per la salute e il fatto che si sta sopprimendo una vita umana?
«La somministrazione della Ru486 avverrà nelle strutture ospedaliere così come già avviene nella regione Marche. Non siamo certamente contro la libertà di scelta di ciascuna donna, ma non possiamo negare il fatto che l’aborto sia l’interruzione di una vita e non vada sottovalutato».
Questa decisione la ripaga anche per le accuse e le minacce che le sono occorse qualche tempo fa?
«Preferirei che il dibattito su un tema così delicato restasse sempre nel rispetto di ciascuna opinione e nel rispetto delle reciproche posizioni. Certe minacce si commentano da sole e sono quanto di più lontano io intenda per dibattito politico e democratico».
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