Un corteo composto da centinaia di fedeli e membri del clero, accompagnati da una banda di ottoni, seguono pregando un’immagine della Madonna, e nello specifico di Nostra Signora della Misericordia, snodandosi per le vie cittadine, per concludere il corteo con la Santa Messa.
Un quadretto, questo, se vogliamo in qualche modo ormai desueto – in relazione alla disaffezione crescente alla pratica religiosa-, o che sa di nostalgico – nel suo richiamare un tempo in cui la manifestazione anche pubblica della fede era un tassello normale del vivere sociale -, ma in fondo non strano. Non troppo, quantomeno. Se non ci fosse un “ma”, e non di poco conto: il fatto sommariamente descritto, come riporta Catholic News Agency, si è svolto nella mattinata di domenica 21 agosto nella diocesi di León, in Nicaragua, quindi in un contesto che vede ormai da mesi il susseguirsi di atti di repressione contro esponenti e fedeli della Chiesa cattolica, portati avanti da parte del regime dittatoriale di Daniel Ortega.
I fatti di cronaca in tal senso, purtroppo, non mancano. Ne richiamiamo qui solamente tre, a titolo d’esempio rispetto alla gravità della situazione in cui versano i fedeli cattolici nel Paese. Innanzitutto, all’inizio di questo mese di agosto, precisamente giovedì 4, il vescovo Rolando José Álvarez, e con lui alcuni altri sacerdoti, seminaristi e semplici fedeli erano stati posti agli arresti domiciliari nell’edificio della curia vescovile della diocesi di Matagalpa; arresti domiciliari che hanno visto un’evoluzione della notte del 18 agosto, quando «nel pieno della notte forze di polizia e agenti paramilitari del Nicaragua hanno fatto irruzione nell’edificio della curia vescovile» e hanno portato via nove persone, tra le quali il vescovo, per portarle nella capitale, Managua, dove ad oggi il prelato è agli arresti domiciliari nella sua abitazione privata (qui).
Accanto a questo, è noto come nel marzo scorso il regime abbia espulso dal Paese il Nunzio apostolico della Santa Sede, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag (qui), presente a Managua dal 2018 e, nel giugno scorso, abbia riservato lo stesso trattamento alle suore di Madre Teresa (qui), ree a quanto affermato di «violare le leggi contro l’antiterrorismo». Infine, come non ricordare il divieto emesso dal Governo alla metà di agosto (qui), ufficialmente per motivi di «sicurezza interna», di dare attuazione a una processione in onore di Nostra Signora di Fatima per le strade di Managua?
Sono questi solo alcuni esempi, ma molti altri se ne potrebbero fare, del clima di repressione anticattolica che si respira quotidianamente in Nicaragua. Esempi che però restituiscono in maniera evidente la portata dell’evento della processione dietro all’immagine di Nostra Signora della Misericordia. Processione che, come ogni anno, ha preso avvio verso le 8 del mattino, dopo che padre Mauro Paniagua ha benedetto l’immagine mariana presso il santuario omonimo e questa è stata quindi posta su una lettiga portata da alcuni uomini, si è snodata «fino al Fortín de Acosasco, un vecchio forte militare in cima al colle Acosasco, oggi utilizzato come una stazione meteorologica».
Qui, giunta attorno alle 13.00, si è svolta la Santa Messa, terminata con canti in onore della Vergine; quindi, l’immagine ha fatto ritorno al santuario. Ma, al di là della mera cronaca, questa processione, nelle persone di tanti consacrati e laici, ha reso al mondo una testimonianza di fede rara e commovente, ponendosi nella condizione di dimostrare che manifestare con orgoglio e pubblicamente il proprio credo vale, se così deve essere, il martirio. E di certo vale la disobbedienza civile di leggi ingiuste.
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