«Dovevo essere un maschio», Chloe Cole ora ha 18 anni e tra i 12 e i 16, ha subito un processo di transizione di genere e una doppia mastectomia perché l’hanno «ossessionata» a cambiare sesso. Oggi la sua vita è cambiata e sta diventando una delle voci più potenti – o una delle poche coraggiose – a lottare contro le transizioni dei minori…portando la sua testimonianza.
Chloe Cole sarebbe definita come detransitioner, perché dopo essere stata sottoposta a bloccanti della pubertà e interventi per la riassegnazione di genere si è pentita. Ma la sua storia non si ferma qui, perché non vive nascosta nell’ombra e la sua vita parla anche per le tante storie sconosciute ai media e ai più. Oggi sta viaggiando per gli Stati Uniti con l’obiettivo di lanciare un grido di allarme sulle procedure delle cosiddette gender clinics.
La storia di questa giovane inizia nel nord della California. Chloe Cole, cresciuta appunto nel nord dello Stato, aveva solo 11 anni quando è stata esposta per la prima volta all’ideologia di genere attraverso piattaforme online. «Passavo molto tempo online, su social come Instagram, e mi sono presto convinta alla narrativa che il disagio che provavo era dovuto al fatto che dovevo essere un maschio. Tutte le mie aspettative e i miei desideri si racchiusero nel processo di transizione», racconta.
«Diagnosi: disforia». Non ci è voluto molto prima che i professionisti medici passarono dalle parole ai fatti permettendo il passaggio medico da ragazza a ragazzo. I genitori «erano spaventati e alla disperata ricerca di risposte» e Cole racconta come il loro consenso venne firmato sotto «estrema costrizione» e che fu rivolta loro la classica domanda: «Preferite una figlia morta o un figlio vivo?», consegnando così a quella firma la risoluzione di tutti i problemi, l’unico trattamento in grado di impedire il suicidio dei propri figli. «Volevano l’unica cosa che ogni genitore vuole per i propri figli: che fossi felice», racconta Cole.
«Molti bambini sono portati a credere a questa falsa promessa di felicità: che il cambiamento di genere li renderà felici» ed è a quella stessa promessa che si appigliò Cole, da sempre additata come “strana” e in difficoltà nelle relazioni sociali. «A 16 anni mi sono resa conto che era tutta una bugia. La mia storia serve da monito», avverte, «tutto il Paese è stato travolto dall’ideologia gender. Si è passati dal vivere le teorie transgender come relativamente in minoranza, a una dottrina che ha invaso ogni istituzione».
«A 15 anni sono andata sotto i ferri e ho subito una doppia mastectomia. Quella che fanno le donne malate di cancro al seno. Questo è successo dopo aver subito un’aggressione sessuale a scuola da parte di un maschio», continua Cole, «mi dicevo di essere forte. Ma vivevo un senso di costante odio verso il mio seno». Quando si rende conto del grande errore commesso Cole ammette la verità biologica che più spaventa oggi:«Mi era stata portata via la maternità. Mi sono resa conto che a 12 anni non ero in grado di conoscere la mia identità. Mi sono resa conto che volevo essere ciò che ero sempre stata e sempre sarò: una donna».
Purtroppo, il calvario della transizione per Chloe non era finito. Smessa l’assunzione dei farmaci cominciò a raccontare la verità a tutti, genitori in preda ai sensi di colpa, amici scomparsi, gli stessi medici che prima si erano dimostrati tanto disponibili si rifiutarono di aiutarla, «ero indietro con lo sviluppo, incapace di allattare figli e completamente sola». Chloe racconta la sua storia senza fronzoli, senza filtri, portandoci a scoprire le ombre di un sistema che si spaccia per collaudato, ma che è del tutto sperimentale. Che va testandosi sulla pelle di minori.
«Ero un maschiaccio, ero timida, non mi adattavo bene alle norme sociali. A 11 anni ho aperto il mio primo account Instagram. Mia mamma non aveva accesso. Così mi sono ritrovata davanti un sacco di contenuti Lgbt», denuncia Cole con lucidità, «non avevo mai visto nulla del genere. Bastava accettare le loro ideologie ed eri un membro riconosciuto e celebrato della comunità di cui si parla di più sulla faccia della Terra. Desideravi inconsciamente quel riconoscimento».
Laddove prima però si parlava solo di “abbattimento di stereotipi” o “libertà di espressione”, oggi si usa “scienza” e “medicina” per un sistema che assomiglia di più a un abuso su minori. Chloe si rivolge infine alle istituzioni pediatriche che ritengono che la migliore pratica sia quella di rimuovere il tessuto sano dei bambini mentre vengono somministrati farmaci: «Nessun bambino merita di soffrire sotto il bisturi di un chirurgo che afferma il suo genere. I bambini meritano qualcosa di meglio». (Fonte foto: screenshot YouTube).
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