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Nell’ora più buia, quella della disperazione, c’è solo la Vergine Maria. Anche per Eric Clapton
NEWS 15 Febbraio 2016    

Nell’ora più buia, quella della disperazione, c’è solo la Vergine Maria. Anche per Eric Clapton

di Antonio Giuliano

 

«Holy mother, where are you?…»
«Santa Madre, dove sei? / Stanotte mi sento spezzato in due / Ho visto le stelle cadere dal cielo / Santa Madre, non riesco a smettere di piangere».

Si rivolge proprio a Maria di Nazaret Eric Clapton nella poderosa Holy Mother, una preghiera-canzone davvero toccante soprattutto nella versione con Pavarotti e un coro gospel. Il rocker la scrisse nel 1986 (insieme a Stephen Bishop) in omaggio a un amico musicista morto pochi mesi prima.

Chi non ha provato del resto quel senso di smarrimento e di profonda sofferenza di fronte a certi inspiegabili fatti della vita. Colpisce però il grido di aiuto di Clapton verso chi può lenire questo dolore, una presenza sentita più viva e vicina che mai:
Holy mother, hear my prayer, Somehow I know you?re still there…
«Santa Madre, ascolta la mia preghiera In qualche modo so che sei ancora qui»

Ed è struggente la consapevolezza che Maria potrà essere decisiva: «Oh, ho bisogno del tuo aiuto in questo momento/ Fammi superare questa notte solitaria /Ti prego dimmi quale strada prendere/Per ritrovare me stesso».

Ci si è chiesti da dove saltò fuori questa preghiera. Ma lo stesso Clapton in un’intervista confessò: «È mia nonna che mi ha insegnato a pregare con le preghiere di una volta. Ed ogni tanto mi ritornano alla bocca, soprattutto nei momenti più difficili».

E nel suo libro di memorie, Clapton: The Autobiography, il musicista racconta un momento in cui ha toccato il fondo quando era in riabilitazione nel 1987: «Ero completamente disperato», ha scritto Clapton. «Nella privacy della mia stanza, ho chiesto aiuto. Non sapevo a chi pensassi di parlare, sapevo solo che non ne potevo più… e inginocchiandomi mi sono arreso. Pochi giorni dopo ho capito che avevo trovato un luogo a cui rivolgermi, un luogo che avevo sempre saputo che era lì ma a cui non avevo mai veramente voluto credere, o di cui pensavo di non aver bisogno. Da quel giorno, non ho mai smesso di pregare al mattino, in ginocchio, chiedendo aiuto, e la sera, per esprimere gratitudine per la mia vita e soprattutto per il fatto di essere sobrio».