Quella del figlio unico è una dittatura prodotta dalla Cina comunista che rende manifesta la smania di controllo che l’uomo pensa di poter avere a partire dalla vita nascente. Ma Dio può fare miracoli anche laddove l’uomo sembra sbarrare le strade e possono nascere storie bellissime, di fede. Quel tipo di fede che rischia tutto. Come quella dei genitori di Martina Hou, Wen Tian e Zhang che avevano già sei figli, quando scoprono di aspettare un’altra bambina, oggi suor Martina. Terrorizzati dal fatto che le autorità avrebbero costretto Zhang ad abortire se lo avessero scoperto, hanno nascosto la gravidanza durante l’anno 1982. «Mia madre è molto religiosa. Ha resistito per nove mesi. Ha pregato durante tutto quel tempo. Dio ha ascoltato le sue preghiere e sono nata», dice suor Martina a The Tablet.
Fin dalla gravidanza i suoi genitori sentivano di aver ricevuto un dono speciale e che quella di Martina era una vita prescelta da Dio. Le raccontano infatti che la prima parola che pronunciò fu proprio “Dio”, come a conferire a Lui la paternità e la maternità. Sua madre aveva in cuor suo un desiderio per la vita di Martina, voleva che appartenesse tutta a Lui, che intraprendesse la vita religiosa. «Questa ragazza è figlia di Dio e dovrebbe appartenere a Dio», le sue parole. Così nel 2000 è stata accolta come novizia nella congregazione delle Piccole Sorelle di santa Teresa di Gesù Bambino e nel 2008 ha emesso i voti perpetui.
Suor Martina racconta che non è stato un percorso senza salite. In un ritiro di 14 giorni svolto durante il noviziato ha chiesto a Dio un segno che le confermasse la sua chiamata, perché aveva paura di farlo solo per compiacere il desiderio della madre. Proprio alla fine del ritiro la colse di sorpresa un fatto particolare: la sua vista si fece offuscata. Portata d’urgenza da un oftalmologo le venne diagnosticata un’atrofia ottica che le stava causando un significativo danno ai nervi della retina.
«Se hai questo problema non posso continuare con la mia vocazione. Così sono tornata a casa ed ero molto, molto triste. Mia madre diceva che nulla è impossibile per Dio, che Egli avrebbe potuto guarirmi», ricorda. Un mese dopo Martina torna dal dottore che sbalordito non osserva alcun danno agli occhi. La paura viene spazzata via da quell’evento, ma ancor di più dalla tristezza provata alla notizia che non avrebbe potuto diventare suora. Quella nostalgia ha reso palese la sua chiamata originaria, quella che Dio aveva scritto nel suo cuore fin dal grembo della madre.
«Ora penso che fosse un segno. Dio me l’ha mandato per dirmi che mi stava davvero chiamando e che non era per mia madre. Mi ha aperto gli occhi», confessa suor Martina. Dopo aver emesso i voti perpetui nel 2008 per tre anni e mezzo ha servito nell’Hebei, nella sua provincia natale in Cina. Lì ha lavorato con studenti delle scuole superiori e anche con studenti universitari. Successivamente è stata mandata nelle Filippine e per più di sette anni ha insegnato mandarino in una scuola cattolica cinese. Nel 2017 ha iniziato a lavorare presso la St. Michael’s Catholic Academy negli Stati Uniti. Oltre all’insegnamento, partecipa a un programma di leadership cinese, fondato da padre Hugh O’Donnell, un sacerdote vincenziano, che mira a formare sacerdoti e suore asiatici nella Chiesa di oggi.
Suor Martina sottolinea che molti dei suoi studenti al St. Michael provengono da famiglie non cattoliche, così vede chiara la sua missione: l’evangelizzazione, portando loro l’amore di Dio. Quella fede che ha reso possibile l’apertura alla vita dei genitori di suor Martina oggi produce ancora frutti nei suoi studenti (Fonte)
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