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Nella Cina comunista «lavano» il cervello al vescovo di Wenzhou per piegarlo a obbedire
NEWS 27 Giugno 2017    

Nella Cina comunista «lavano» il cervello al vescovo di Wenzhou per piegarlo a obbedire

di Bernardo Cervellera P.I.M.E.
su «AsiaNews»

 

“La Santa Sede segue con grave preoccupazione la situazione personale di Mons. Pietro Shao Zhumin, Vescovo di Wenzhou, forzatamente allontanato dalla sua sede episcopale ormai da tempo”. A un mese dal sequestro da parte della polizia di mons. Pietro Shao Zhumin, il direttore della Sala Stampa vaticana ha diffuso oggi un comunicato che inizia con le parole riportate sopra.

Mons. Shao è stato portato via da poliziotti e membri del ministero degli affari religiosi della provincia del Zhejiang la sera del 18 maggio, dopo essere stato chiamato per un colloquio nei loro uffici.  La madre del presule, 90enne, ha chiesto che suo figlio venga liberato; i fedeli di Wenzhou hanno lanciato una catena di preghiere.

“La comunità cattolica diocesana e i familiari – continua il comunicato della Sala Stampa – non hanno notizie né sui motivi del suo allontanamento né sul luogo dov’egli è trattenuto”. Il vescovo è riapparso all’aeroporto di Wenzhou il 16 giugno scorso, per scomparire ancora sotto il controllo di personale della pubblica sicurezza.

Sui “motivi del suo allontanamento”, alcuni fedeli ipotizzano che egli sia sottoposto a “seminari religiosi” (che alcuni definiscono “lavaggio di cervello”) per costringere il vescovo a iscriversi all’Associazione patriottica (Ap), che il Vaticano considera “incompatibile con la dottrina cattolica”. Mons. Shao appartiene alla comunità non ufficiale e quindi non è iscritto all’Ap e non è riconosciuto dal governo. Ma egli è il vescovo ordinario di Wenzhou, dopo la morte del suo predecessore, mons. Vincenzo Zhu Weifang.

Il comunicato della Sala Stampa continua dicendo che la Santa Sede è “profondamente addolorata per questo e per altri simili episodi che purtroppo non facilitano cammini di intendimento, auspica che Mons. Pietro Shao Zhumin possa ritornare quanto prima in Diocesi e che gli sia garantito di svolgere serenamente il proprio ministero episcopale. Siamo tutti invitati a pregare per Mons. Shao Zhumin e per il cammino della Chiesa in Cina”.

Da quando tre anni fa sono ripresi i dialoghi informali fra Vaticano e Cina, questa è la prima volta che la Santa Sede si esprime a proposito di un vescovo imprigionato. Molti cattolici cinesi avevano espresso dolore per il troppo silenzio su vescovi, sacerdoti e laici perseguitati.

Nei giorni scorsi anche l’ambasciatore tedesco a Pechino, Michael Clauss, aveva diffuso una dichiarazione ufficiale in cui chiedeva la liberazione di mons. Pietro Shao Zhumin.

Anche il vescovo di Mindong (Fujian), mons. Guo Xijin, pure lui della comunità sotterranea, ma riconosciuto vescovo dalla Santa Sede, era stato sequestrato dalla polizia. Ora è potuto ritornare alla sua diocesi. Rimane invece immutata la situazione (isolamento e arresti domiciliari) di mons. Taddeo Ma Daqin, vescovo di Shanghai.