Il Vangelo della Solennità della Santa Madre di Dio è pieno di stupore e di silenzio. Nessuna parola viene riportata anche se i pastori “dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”. Prevale la venerazione quasi come neve che si posa su quella mangiatoia e sui visi di chi vi entra, attutendo ogni rumore e ogni voce.
Predomina il candore di una visione semplicissima. Davanti agli occhi dei pastori, c’è un bambino avvolto in fasce e due genitori intirizziti dal freddo e intimoriti dalla nascita e più ancora dalle visite che si susseguono. I pastori scorgono il vero che si nasconde in quel volto di bimbo, ne intuiscono la dignità, dominati dalla meraviglia per la sacralità della vita e da quella vita che rende sacre le loro. Lo splendore di quella scena non necessita di parole, come certi tramonti non stanno nella macchina fotografica. Il silenzio adorante racconta molto più di mille parole.
Eco di questa ammirazione incantata è l’adorazione della madre che a partire dai pastori, dalle loro parole piene di dolcezza e dagli occhi colmi di commozione, non
può che guardare a quel suo figlio con tutta la stupefazione possibile e una gratitudine immensa. Conserva nel suo cuore tutto ciò che vede e ascolta, consapevole anche lei, come i pastori, che c’è di più in quel Bambino. Maria custodisce queste cose nel suo cuore e inizia ad inventare il Rosario, ossia la meditazione dei misteri dei Suo Figlio nei quali è coinvolta come protagonista. Ripensa alle parole dell’angelo, all’incontro con Elisabetta, alla nascita di Gesù e alle parole riferite loro dai pastori…Tesse i fatti della vita con le parole che ha ascoltato – rallegrati, piena di Grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù – e comincia ad entrarci dentro.
In questi giorni, sono venuti alcuni scout a trovarmi nella realtà che abito e di cui ho cura pastorale, e appena giunti ho fatto loro la proposta, molto audace, di alternarsi a due a due, nell’adorazione eucaristica notturna. L’indomani, accogliendoli a colazione, ho chiesto loro come fosse andata la notte che cosa avesse suscitato in loro la contemplazione notturna. Una ragazza mi ha risposto dicendo: “Dentro quel silenzio mi è sembrato, come non mai, di trovare me stessa!”. Maria custodisce queste cose nel suo cuore. Fa del silenzio dei pastori, del silenzio di quella notte, del suo sguardo adorante, il luogo in cui scopre la sua identità, non appena madre di un bambino, ma Madre di Dio.
Di quanto silenzio ho bisogno per scoprire la mia identità? Non sarà che combino poco nella vita, mi affanno senza generare frutti perché c’è troppo poco silenzio in me? Non ho forse bisogno di meraviglia e stupore adorante per scoprire la mia missione in questo mondo?
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