Mentre venerdì decine di migliaia di attivisti pro-life partecipavano alla March for Life, il presidente Joe Biden ha ben pensato di emettere una nota commemorando il 50esimo anniversario della sentenza della Roe v Wade – oramai obsoleta, ma c’è chi non se ne fa una ragione: «Oggi, invece di commemorare il 50° anniversario della decisione della Corte Suprema in Roe v. Wade, riconosciamo che l’anno scorso, la Corte Suprema ha tolto un diritto costituzionale al popolo americano».
«Dalla decisione della Corte Suprema, gli americani hanno ripetutamente fatto sentire la loro voce: le donne dovrebbero poter prendere queste decisioni profondamente personali, libere dall’interferenza», ha continuato, «eppure, i repubblicani del Congresso e di tutto il Paese continuano a spingere per un divieto nazionale di aborto, per criminalizzare medici e infermieri e per rendere più difficile l’accesso ai contraccettivi. È pericoloso, estremo e fuori dal campo. Continuerò a lottare per proteggere il diritto di una donna di scegliere. Il Congresso deve ripristinare la protezione di Roe v. Wade nella legge federale… è l’unico modo per garantire pienamente il diritto di scelta delle donne in ogni Stato». Biden ha così colto l’occasione per lodare il suo “record pro-aborto” in qualità di presidente: ha firmato ordini esecutivi per rendere più accessibile l’aborto, per allargare l’accesso alle pillole che inducono l’aborto e per creare una task force su una risposta a livello governativo per garantire l’accesso all’aborto. Davvero un bel curriculum.
Intanto a Washington le voci che si levano festanti sono di tutt’altro avviso. Soprattutto quest’anno, chi è andato alla Marcia ha tenuto bene a mente il grande obiettivo raggiunto negli Stati Uniti, che dimostra quanto sia sbagliato gettare la spugna per evitare contrapposizioni ideologiche su un tema che sembra superato nella maggior parte del Paesi occidentali. Continuare a dar voce pubblica al dramma dell’aborto è doveroso. Kristi Hamrick – che è, tra le altre cose, portavoce di Students for Life of America, una delle principali organizzazioni di difesa pro-life – ha partecipato ricordando il giorno di 50 anni fa, quando la sentenza Roe v. Wade divenne legge. Parlando del padre, racconta: «Probabilmente l’ho visto piangere due o tre volte nella sua vita. Il giorno in cui è la Roe è diventata legge è stato uno di quelli».
Suo padre ha combattuto la decisione della Corte suprema di quel 22 gennaio del 1973, fin dall’inizio, e Hamrick ha seguito le sue orme. Oggi è proprio lei a vedere consolato il pianto del padre, marciando in un Paese dove l’aborto non è più protetto dalla Costituzione. Kristi Hamrick, racconta, non credeva di vedere con i suoi occhi il rovesciamento della Roe. Per lei, questo raggiungimento è avvenuto anche grazie allo sviluppo del movimento pro-life negli Stati Uniti: «Abbiamo avvocati, abbiamo medici, abbiamo persone che si concentrano sul servizio alle donne. Abbiamo persone che raccontano le loro storie dopo aver abortito. Abbiamo persone che sono sopravvissute allo stupro e hanno rifiutato l’aborto, abbiamo persone concepite da uno stupro. E questo non dopo che la Roe venisse ribaltata. Siamo stati noi a farlo».
Ci sono poi Tom e Mindy Edwards, di Sandusky, Ohio, che hanno partecipato alla loro prima March for Life nel 1976 e raccontano oggi alla CNA: «Sono stati tutti fantastici. C’è sempre stata un’enorme quantità di persone». Oggi Tom ha 70 anni e continua a partecipare alla Marcia, avendo fatto della sua famiglia un inno alla vita: «Abbiamo perso un bambino 33 anni fa, e questo mi ha portato nel movimento pro-vita», ha rivelato la moglie, «mio marito e la sua famiglia sono sempre stati nel movimento, anche prima della Row v. Wade. E mi hanno davvero ispirato». Più tardi, la coppia ha adottato una figlia con bisogni speciali. Tom ha incoraggiato gli americani pro-life a parlare con chiarezza della realtà dell’aborto, «bisogna dire che cos’è… è l’uccisione di un bambino».
Scriveva Benedetto XVI in La vera Europa, identità e missione: «Si potrebbe essere convinti che, in fondo, l’approvazione legale dell’aborto abbia cambiato poco nella nostra vita privata e nella vita delle nostre società. In fondo, tutti sembra continuare esattamente come prima. Ognuno può regolarsi secondo coscienza: chi non vuole abortire non è costretto a farlo, chi lo fa con l’approvazione di una legge – così si dice – forse lo farebbe comunque. […]. Così anche il diritto all’aborto viene invocato come parte costitutiva del diritto alla libertà per la donna, per l’uomo e per la società. […]. Tuttavia il fatto è che l’esercizio di questi diritti reali viene rivendicato a detrimento della vita di un essere umano innocente, i cui diritti invece non vengono neppure presi in considerazione. Si diventa in tal modo ciechi di fronte al diritto alla vita di un altro, del più piccolo e del più debole, di chi non ha voce. I diritti di alcuni vengono affermati a scapito del fondamentale diritto alla vita di un altro. Ogni legalizzazione dell’aborto implica perciò l’idea che è la forza che fonda il diritto».
Il presidente Biden ha poco da vantarsi e ancor meno da rivendicare, perché uno Stato che fa prevalere gli interessi di uno sui diritti fondamentali di un altro è profondamente iniquo e contraddice l’ideale democratico a cui dice di ispirarsi. Arrogarsi il diritto di scegliere quale vita sia degna e quale non lo sia, significa salire su un pulpito che non spetta a noi. (Fonte foto: Bing images licenza libera)
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