L’Europa è attonita, spaventata per la strage di Nizza, che porta nelle nostre città esperienze purtroppo diventate vita quotidiana in tante città del mondo, in particolare in Medio Oriente: chi fa più caso, ad esempio, alle autobombe e alle tante vittime provocate dagli attentati a Baghdad?
Anche in Africa i morti provocati dal terrorismo di matrice islamica fondamentalista sono aumentati in modo significativo. Lo documenta una ricerca dell’IHS Jane’s Terrorism and Insurgency Centre, centro studi con sede a Englewood (Stati Uniti), citata dalla rivista missionaria Nigrizia: gli attacchi terroristici sono passati dai 171 del 2009 ai 738 del 2015. Nello stesso arco di tempo, le vittime provocate dagli attacchi sono passate da 541 a 4.600, con un incremento di oltre il 750%.
Secondo la ricerca l’evoluzione del fenomeno sarebbe riconducibile a tre elementi: la collaborazione tra il gruppo nigeriano Boko haram e l’Isis, l’espansione in Africa occidentale di al-Qaida nel Maghreb Islamico (Aqim) e la riorganizzazione di al-Shabaab in Somalia.
Nel primo caso, gli analisti dell’istituto di ricerca ritengono il legame tra Boko Haram e l’Isis più rilevante di quanto non venga comunemente riconosciuto. Dal momento che, nel marzo 2015, il gruppo jihadista nigeriano ha giurato fedeltà al Califfato di Raqqa, si è registrato un aumento del numero di attacchi suicidi in Nigeria e nei paesi limitrofi.
L’escalation della violenza e l’uso di donne kamikaze richiamano le tattiche operative adottate dal Gruppo dello stato islamico. Boko Haram ha registrato un notevole potenziamento delle sue capacità di comunicazione, grazie alle elaborate tecniche utilizzate dal Califfato: ha prodotto video e messaggi audio nel quadro di una più complessa strategia di consolidamento della propaganda jihadista, postando in rete filmati di attacchi e criticando duramente chi sostiene il governo centrale di Abuja. Il tutto alternando l’arabo alla locale lingua hausa.
Riguardo all’espansione in Africa occidentale di al-Qaida nel Maghreb Islamico (Aqim), lo studio citato da Nigrizia attesta i legami costruiti dall’Isis tra i suoi affiliati in Libia e in Africa occidentale, cercando di assicurarsi la gestione delle antiche rotte del contrabbando attraverso il Sahel.
Aqim è ormai entrata in aperta competizione con l’Isis per la supremazia nella regione e questo implica l’aumento del rischio di episodi di terrorismo in quell’area. È proprio in quest’ottica che il ramo nordafricano della rete qaidista si è riaffermato instaurando nuove alleanze con i gruppi locali.
Secondo gli esperti dell’istituto di ricerca è probabile che nei prossimi mesi il gruppo guidato dall’emiro Abdelmalek Droukdel possa aumentare il numero di attacchi e ampliare il suo raggio d’azione, colpendo anche in paesi che in precedenza non sono stati oggetto della violenza islamista, come il Senegal e il Ghana.
Per quanto riguarda infine la recrudescenza operativa del gruppo estremista al-Shabaab, l’IHS afferma che i jihadisti somali hanno potenziato la loro capacità di portare a termine attacchi letali su larga scala per alimentare il clima di tensione. Negli ultimi tredici mesi hanno colpito quattro basi militari dell’Amisom, con pesanti perdite tra i soldati della missione creata nel gennaio 2007 dal Consiglio di Pace e sicurezza dell’Unione africana.
Nel 2015, sono stati presi di mira il compound di Lego e la base di Janale, nel Basso Scebeli. Poi, all’inizio del 2016, è stata attaccata la base di El Ade e lo scorso 9 giugno è stata la volta del campo militare di Halgan.
I ripetuti attacchi mostrano che l’Amisom appare sempre più in difficoltà a contrastare efficacemente i ribelli somali, che proprio come Aqim starebbero cercando di mostrare tutta la loro rilevanza nel Corno d’Africa per contrastare il tentativo di fare proseliti al suo interno da parte dell’Isis.