La crisi economica ha generato, anzi peggiorato la crisi spirituale nel nostro Paese? E’ un interrogativo che sorge spontaneo leggendo il lungo articolo apparso l’altro giorno sul Telegraph a firma di Nick Squires il quale, in estrema sintesi, ha notato proprio questo: a un decennio di crisi economica, in Italia, è corrisposta una forte crescita del numero di persone che si sono rivolte a cartomanti, esperti di tarocchi e spiritisti.
Al punto che dal 2008 al 2018, stando ai dati del Codacons, sono stati oltre 3 milioni di italiani – in aggiunta ai 10 che già c’erano – quelli che si sono rivolti a guru, astrologi e via divinando; il tutto a beneficio di un settore il cui giro d’affari si stima sia per il 95% non dichiarato, per un totale di circa 8 miliardi di euro. Un boom che non sono gli astri a spiegare, bensì la rete e l’evoluzione tecnologica.
La vera novità, rispetto ai decenni corsi, è infatti costituita dai call center, realtà a cui – ricorda Squires nel suo articolo – ci sono creduloni giunti a pagare fino a 240.000 euro in cambio di «servizi», si sa, quanto mai dubbi e discutibili. Ma più ancora dell’evoluzione tecnologica, per così dire, a spiegare l’espansione di tarocchi e dintorni è quello di cui si diceva poc’anzi, ossia una crisi economica che, mettendo in discussione molte certezze occupazionali e finanziarie che prima parevano incrollabili, ha spinto molti tra le braccia interessate dei maghi.
Ne sanno qualcosa alla comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, dove mediamente oggi ricevono 15 chiamate al giorno – circa 5.000 l’anno – da parte di persone rovinate dall’occulto e desiderose di uscire da questo oscuro quanto devastante vortice. Ora, tutto ciò che significa? Qual è cioè l’insegnamento che è possibile trarre dal purtroppo notevole successo dei cartomanti nel nostro Paese? Le riflessioni possibili sarebbero molte. Ma almeno tre meritano di essere svolte.
La prima riguarda la farsa di una secolarizzazione che – ben lungi dall’essere l’eliminazione della religione – in realtà si tramuta solo in una sua diversificazione. Non c’è cioè alcun vero allontanamento dalla fede in senso generale bensì solamente una sua metamorfosi. Metamorfosi che però ha dei costi notevoli anche sociali. Quelli che si lamentano dell’8×1000 o delle ricchezze della Chiesa, infatti, dovrebbero ricordare anche quanti quattrini – ben di più – finiscono nel mondo dell’occulto, a beneficio di soggetti senza scrupoli e disposti a tutto pur di monetizzare la disperazione altrui.
Una seconda considerazione, strettamente collegata alla prima – e che, sia pure indirettamente, traspare dal boom dei tarocchi – è il bisogno ineliminabile di Dio. Per decenni fior di antropologi e sociologi profetizzavano il tramonto del sacro. Ma ciò è impossibile, perché non c’è distrazione, serie televisiva o influencer, checché se ne dica e se ne pensi, che possa soddisfare la sete d’infinito che alberga in ciascuno di noi. Inclusi, evidentemente, quanti bussano alla porta dei maghi in cerca di risposte che altrove, evidentemente, non trovano.
Un terzo ed ultimo pensiero riguarda, infine, il bisogno di tornare ad evangelizzare. Proprio il permanere del bisogno di sacro e trascendenza – che troppo spesso sfocia nell’occulto – dice infatti della possibilità, anzi del dovere di tornare a proporre Gesù Cristo nella consapevolezza sia che egli è il Figlio di Dio sia che, appunto, di Dio oggi rimane inalterato, nel nostro Paese e non solo, un enorme bisogno. Che va colmato, prima che ci pensino altri.
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