Nell’anno da poco iniziato, in Italia, sono due le priorità che sul versante etico sembrano stare a cuore alla cultura progressista: l’eutanasia legale e la droga libera, pratiche entrambe promosse, come noto, con delle raccolte firme per l’istituzione di due rispettivi referendum, che potrebbero essere indetti nei prossimi mesi. In risposta a tali scenari, sono da poco stati istituiti due Comitati per il No.
Il primo Comitato è contro l’omicidio del consenziente – presieduto da Assuntina Morresi, docente all’Università di Perugia e componente del Comitato Nazionale per la Bioetica -, il secondo, contro la droga legale, sarà guidato dal professor Angelo Vescovi, Direttore Scientifico dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e dell’Istituto Mendel. Di questo secondo comitato fa parte anche l’avvocato Daniela Bianchini, che Il Timone ha avvicinato. Proprio al tema droga ha dedicato la copertina il nostro mensile nel numero di gennaio 2022.
Avvocato, perché avete sentito il bisogno di costituirvi come Comitato “No droga legale”?
«Le ragioni sono tante. Diciamo che la principale è quella di sensibilizzare, di fare una corretta informazione. Io in particolare sono rimasta molto colpita da quello che è accaduto con la raccolta delle firme per il referendum a favore della legalizzazione della droga»
Perché?
«Perché ci sono stati molti giovani che hanno firmato. C’è stata una grande adesione soprattutto da parte degli under 25. Questo significa che c’è qualcosa che non va. Gli studi eseguiti mettono infatti in luce come la droga sia un pericolo per i giovani, in particolare per quanto riguarda gli effetti gravi che ci sono; e quindi c’è anche un grosso lavoro che in questi anni è stato fatto nelle scuole, di sensibilizzazione contro la droga. E il fatto che molti giovani abbiano, come dicevo, firmato per la legalizzazione della droga mi ha lasciato perplessa».
In effetti, urgono contromisure.
«Ritengo che sia necessario fare molta chiarezza e informazione, e soprattutto chiarire che cosa c’è dietro questo referendum».
Cosa c’è dietro?
«Intanto, c’è da dire che questo referendum è passato come quello della legalizzazione della cannabis. Ecco, non è così. Esso riguarda non soltanto la cannabis, ma la droga, quindi le varie droghe che noi conosciamo – fermo restando che anche la cannabis non è che sia di per sé innocua; significa quindi legalizzare, ad esempio, anche la cocaina, la marijuana e tutte quelle droghe che hanno degli effetti anche immediatamente più pesanti. I tre quesiti posti in un’unica domanda vanno in questa direzione».
Cosa richiedono?
«Abrogare la punizione per la coltivazione di qualsiasi stupefacente, quindi non “solo” la coltivazione della cannabis ma di qualsiasi stupefacente, quindi pure oppio, cocaina, funghi allucinogeni e quant’altro, tanto per fare qualche esempio. Poi l’abrogazione della sanzione con reclusione – da due a sei anni – per chi produce o commercia i cosiddetti “stupefacenti leggeri”, che in realtà non esistono dato che – e sono le stesse interviste dei giovani a rivelarlo – esiste la possibilità di potenziarne gli effetti, combinandole per esempio con dei farmaci; infine, si vuole abrogare la sanzione amministrativa, della sospensione della patente di guida fino a tre anni – o il divieto di conseguirla fino a tre anni -, per chi detiene sostanze stupefacenti».
Tutte?
«Sì, tutte le sostanze stupefacenti, quindi non “solo” cannabis, ma anche cocaina, eroina, eccetera, per farne un uso personale. Il punto è che farne un uso personale non significa che ciò non sia pericoloso anche per terzi, per gli altri. Le cronache sono piene di casi di persone che hanno fatto uso di sostanze stupefacenti e poi, magari, hanno commesso delle azioni violente o si sono messi al volante; e quindi di per sé anche l’uso personale è qualcosa di grave».
Cosa rispondete a chi afferma che legalizzando la droga si arginano le mafie?
«Che assolutamente no, non è così. Lo diceva già il giudice Paolo Borsellino, tra l’altro, che questo è un argomento fragile, anzi insussistente. Anzi, diciamo che in questo modo si potrebbe dare un’altra fetta di mercato alle mafie. Già la coltivazione di qualsiasi stupefacente, come dicevamo, se passasse in referendum diventerebbe assolutamente legittima, lecita, e non verrebbe punita. E quindi immaginiamo ad esempio quelli che hanno dei terreni – anche perché non ci sarebbe neppure il limite del quantitativo – che verrebbero subito convertiti per la coltivazione di cannabis o di funghi allucinogeni o di oppio. La malavita potrebbe così diversificare il suo giro d’affari. Se l’obiettivo è disturbare il traffico illecito di stupefacenti, ecco non è questo lo strumento».
Ritenete che i giovani, i più esposti alle sirene di certi influencer, sapranno ascoltavi? Dopotutto, andate controcorrente.
«Guardi, l’importante è parlarne. Anche se è vero che ci sono tanti messaggi diversi – che riescono magari a conquistare di più i giovani, perché vengono da persone che “influenzano” -, penso sia importante parlarne, facendo emergere le contraddizioni di certi messaggi. È stato fatto un grandissimo lavoro, ad esempio, su questo, dalla Commissione parlamentare Infanzia e adolescenza rispetto alle dipendenze patologiche dei giovani, a cui anche io ho contribuito con uno scritto».
Che cosa è emerso?
«Ci sono stati tantissimi interventi, sono state fatte anche audizioni e sono usciti fuori dei dati molto interessanti. Sono infatti in aumento le dipendenze patologiche tra i giovani, sia rispetto all’uso di sostanze – alcol, droga, tabacco – sia di tipo comportamentale. E c’è una stretta correlazione, dato che nel momento in cui si inizia a vivere in un certo modo, avvicinandosi semplicemente alla sigaretta o alla “canna” che può sembrare innocua, ecco che quello ha degli effetti. Quindi i ragazzi devono comunque essere consapevoli che quel fumare la “canna” non rimarrà, per loro, senza effetti per il futuro. E quindi è importante che ci riflettano, e sappiamo che cosa c’è dietro. Quello è quello che come Comitato faremo, cercando di sensibilizzare e di aprire gli occhi, dando delle reali possibilità di scelta. L’importante è che le scelte, infatti, siano fatte in modo davvero consapevole».
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