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Come muore un cristiano
NEWS 30 Marzo 2020    di Lorenzo Bertocchi

Come muore un cristiano

In questi giorni tristi, di isolamento forzato, di bare trasportate nei camion dell’esercito, il coronavirus sembra averla vinta. Il mondo è in ginocchio ai piedi del Covid-19, un microrganismo che anche quando avrà finito di mietere vittime probabilmente falcerà ancora la nostra vita con l’inevitabile crisi economica.

Difficile trovare speranza, ma una fotografia circolata in questi giorni sul web e sui media offre un altro angolo di osservazione. Questa immagine fa vedere come muore un cristiano, un sacerdote cattolico.

Don Cirillo Longo era nato a Saletto (Padova) il 18 marzo 1925: 78 anni di professione religiosa, 67 anni di sacerdozio, 95 di vita. Dodicenne, era entrato nell’istituto degli Orionini-Piccola Opera della Divina Provvidenza, fondata a Tortona da San Luigi Orione, aveva svolto numerosi incarichi in strutture ospedaliere e case di riposo del suo istituto come aiuto, economo o direttore.

È morto il 19 marzo, festa di San Giuseppe, nel “Centro Don Orione” di Bergamo, dopo un calvario cominciato lo scorso 12 marzo con tanta sofferenza fisica, ma soprattutto con quella di non poter comunicare con tutti. Il giorno 17 in una telefonata, riportano le cronache dalla bergamasca, ha detto: «Ci vedremo di là, in Paradiso… pregate il Rosario… salutatemi tutti».

Nella foto, scattata poche ore prima di morire, don Cirillo esulta. Come se avesse segnato un goal, come se festeggiasse una vittoria, come se avesse vinto la sua corsa. Lucido fino all’ultimo, don Cirillo, non era in preda a deliri o pazzie, ma era consapevole di aver combattuto la buona battaglia, conservato la fede e ora era pronto a ricevere, citando San Paolo, «la corona di giustizia» che il Signore riserva ai suoi.

Così muore un cristiano, un sacerdote cattolico. In mezzo a questa epidemia si alza la vetta dell’esultanza di don Cirillo, il quale amava ripetere: «L’uomo ha due mani, perché mentre una lavora, l’altra serve per far scorrere i granelli della corona del rosario».

Non sono tra quelli che si stracciano le vesti per le misure di isolamento cui siamo tutti sottoposti: di fronte al numero di accessi agli ospedali e alla pressione esercitata sui reparti di terapia intensiva, come dicono molti esperti di varia estrazione culturale, non c’erano alternative seriamente praticabili per fare argine. Peraltro la stragrande maggioranza dei paesi che si trovano ad affrontare questa epidemia, al momento ha messo in campo strategie del tutto simili a quella italiana. Per tacere dei numeri tragici di questa epidemia (nulla a che fare con l’influenza sotto molti aspetti).

Da cattolico mi manca la partecipazione alla Santa Messa con la possibilità di accedere all’eucaristia, ma anche in questo caso, a meno di relativizzare la gravità di quello che stiamo affrontando, penso che il principio di prudenza sia da osservare (pur nella necessaria attenzione all’equilibrio tra libertà religiosa e emergenza sanitaria). Resta però la foto di don Cirillo, la sua esultanza è un immagine potente, come quella del Papa che ha offerto una benedizione urbi et orbi con il Santissimo Sacramento davanti a una piazza San Pietro deserta.

Questa la testimonianza pubblicata sul sito ufficiale degli orionini sulla morte di don Longo: «È stata una Grande Notte, che ha visto salire in Paradiso il nostro, amato da tutti, Don Cirillo Longo. Mancherà a tutti noi la Sua Presenza fisica, perché è un sentimento umano ma non ci mancherà la Sua protezione dal cielo, dove starà felice con la Sua Madonna, alla quale è rimasto tanto fedele e con Gesù Misericordioso. Ci ha lasciato un Grande Testimone di Cristo, fedele alla Sua vocazione fino all’ultimo respiro. La foto che ci ha fatto inviare ieri viene accompagnata dalle parole, che abbiamo avuto la fortuna di sentire da lui quando ha iniziato il Suo Calvario: “Pregate il rosario, ci rivedremo in Paradiso”. Che la tristezza diventi gioia, perché la cosa che vorrebbe lui in questo momento. Non ha mai pensato a sé stesso, ma agli altri e noi dobbiamo continuare la sua missione, rispettando la cosa fondamentale – la Pace e fraternità tra di noi, mettendo da parte tutte le discordie e piccolezze umane. Abbiamo un Santo protettore in Cielo e siamo stati benedetti, perché abbiamo potuto vivere accanto a Lui. Caro Don Longo GRAZIE per la tua Vita Luminosa e grazie per averci lasciato un’indicazione per questi tempi difficili: il Rosario. Arrivederci in Paradiso».


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