Dieci giorni dopo la morte del papa emerito Benedetto XVI, il cardinale australiano George Pell è morto all’età di 81 anni. La notizia è circolata da ieri sera, il porporato, Arcivescovo emerito di Sydney (Australia), Prefetto emerito della Segreteria per l’Economia della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, è deceduto per le complicanze cardiache a seguito di un intervento all’anca programmato all’Ospedale Gemelli di Roma.
Il Timone era a conoscenza di questo intervento, perché non più tardi di una settimana fa ci eravamo sentiti per la morte di papa Benedetto XVI e in vista del numero speciale della rivista di febbraio dedicato proprio alla memoria di Joseph Raztinger. Il cardinale Pell aveva risposto appunto che sarebbe stato «sotto i ferri» per l’intervento programmato all’anca, ma il giorno dopo ha mandato comunque uno scritto per Benedetto XVI.
Apprendiamo quindi la notizia con grande sgomento. Per oltre 400 giorni il cardinale George Pell ha vissuto in prigione da innocente, l’ultima sua cella era nel carcere di Barwon in Australia. Solo, impossibilitato a celebrare messa, con la più devastante delle sentenze sul capo: reo di abusi nei confronti di minori. Sottoposto a una campagna mediatica impietosa, l’ex numero tre del Vaticano, chiamato da papa Francesco a far pulizia nel guazzabuglio delle finanze vaticane, è stato assolto dall’Alta corte australiana nel 2020. Sette giudici si sono espressi all’unanimità ribaltando la sentenza della Corte d’Appello emessa nell’agosto 2019 e che confermava la decisione del tribunale di Melbourne del dicembre 2018.
Era stato posto da papa Francesco, il 24 febbraio 2014, alla guida della nuova Segreteria per l’Economia e di fatto a capo delle riforme economiche intraprese dal Pontefice. Questa posizione gli aveva creato non pochi grattacapi e forse più di qualche nemico, i suoi modi da «ranger» non gli avevano facilitato il compito, ma di certo non sono una scusa sufficiente per definire il modo in cui è stato ostacolato. Peraltro lo stesso Francesco nella recentissima, 18 dicembre, intervista concessa a Canale 5 ha riconosciuto cose importanti sul cardinal e sulla riforma delle finanze vaticane: «Io ho dato indicazioni soltanto. Ma l’organizzare questo che, grazie a Dio, sta andando bene con il Consiglio dell’Economia, con il Segretariato all’Economia. Tutto questo lo ha visto chiaro il cardinale Pell, che è quello che ha incominciato questo. Poi è dovuto rimanere quasi due anni in Australia per questa calunnia che gli hanno fatto – che poi era innocente, ma gliel’hanno fatta brutta poveretto – e si è allontanato da questa amministrazione, ma è stato Pell a fare lo schema di come si poteva andare avanti. È un grande uomo e gli dobbiamo tante cose».
Il Timone nell’ottobre 2020 pubblicò in esclusiva per l’Italia un’anticipazione del diario scritto dal cardinale durante i suoi 400 giorni di carcere, diario che poi è stato pubblicato integralmente dall’editore Cantagalli. E diario che, riporta monsignor Georg Ganswein nel suo recente libro di memorie, fu letto con grande apprezzamento anche nel Monastero Mater Ecclesaie da Benedetto XVI.
Nell’editoriale che scrissi per Il Timone dell’ottobre 2020 titolai “Il confessore australiano”, concludendo così: «sottoposto ad una pressione mediatica violenta, dopo aver subito un procedimento giudiziario che ha messo in discussione il rispetto dei cardini del diritto, il cardinale Pell offre la sua testimonianza come quelli che un tempo venivano chiamati confessori della fede. Gente dalla fede poco light e molto soda».
A Dio, Eminenza.
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