Il nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana è il cardinale Matteo Maria Zuppi, 66 anni, arcivescovo di Bologna. A dare notizia della nomina, subito ripreso dalle agenzie, è stato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, che ha dato lettura della comunicazione del Santo Padre, arrivata dopo che, in mattinata, i vescovi, riuniti per la loro 76ma Assemblea Generale, gli avevano sottoposto una terna di nomi.
La terna, oltre naturalmente a Zuppi, comprendeva monsignor Antonino Raspanti, 62 anni, vescovo di Acireale, e e Augusto Paolo Lojudice, 57 anni, vescovo di Siena. Con 108 voti il porporato di Bologna è prevalso di molto su Raspanti (21) e sul favorito dei pronostici, Lojudice (41 voti). Probabilmente è per questo che la preferenza papale è ricaduta su di lui, il cui nome, attenzione, era già proiettato su altri scenari, futuro conclave in primis.
Nome di spicco della Comunità di Sant’Egidio, Zuppi è nelle scorse ore stato subito presentato da varie testate – con una categoria di cui proprio il pontificato di Francesco, anche recentemente, ha evidenziato tutti i limiti – come un «progressista». Il suo aspetto più caratterizzante è però un altro, e cioè la vicinanza con il papa argentino; una convergenza di vedute netta anche per quanto riguarda la guerra in Ucraina.
Se infatti papa Francesco ha più volte condannato la «spirale perversa delle armi», non più tardi dei primi di aprile, in un incontro organizzato all’istituto Salvemini alla presenza anche di due studenti scappati dall’Ucraina e accolti a Bologna, Zuppi – pur senza fare sconti al Cremlino – ha bocciato apertamente la corsa al riarmo, definendole «la cosa peggiore che possiamo fare». Parole che si sovrappongono appieno al pensiero, su questo tema, di Casa Santa Marta.
Ma torniamo alla presidenza della Cei, dal momento che, oltre che una indubbia notizia, costituisce una sorpresa. E non solo per la mancata scelta di Lojudice, ma anche perché Zuppi – che, secondo più di un osservatore, da tempo «studia da papa» – da ieri non ha soltanto un incarico di prestigio, ma anche un ruolo carico di responsabilità e di dossier non sempre semplice, a partire da quello sulla pedofilia e gli abusi nel clero.
A chiarirlo apertamente, attenzione, non è stato qualcuno che abbia conti in sospeso con l’arcivescovo di Bologna, bensì il suo predecessore alla Cei, Gualtiero Bassetti, che nel discorso di commiato ha richiamato apertamente la necessità di «promuovere una migliore conoscenza del fenomeno degli abusi per valutare e rendere più efficaci le misure di protezione e prevenzione». Che è come dire: chiunque venga dopo di me, ecco, dovrà occuparsi questo.
Ora che il papa ha scelto Zuppi, costui non potrà certo tirarsi indietro dinnanzi a questo e ad altri temi non meno delicati e strettamente legati all’attività di governo della Conferenza episcopale italiana. Saprà ora, chiamato a tali gravi compiti, l’arcivescovo di Bologna preservare una immagine impeccabile di papabile? L’interessato ha di certo, ora, tutt’altri pensieri – «Farò del mio meglio», le sue prime parole dopo la nomina.
A seguire, in una conferenza stampa di ieri alle 17, Zuppi ha ribadito i tre suoi punti cardine, che sono obbedienza, collegialità e sinodalità, per meglio servire una Chiesa che è «una madre vicina» e che «parla a tutti nell’unica lingua universale, l’amore». Senza dubbio ottime parole, ma quello che ora tanti son curiosi di capire è come – in concreto, e su più versanti – opererà il cardinale di Sant’Egidio alla guida dei vescovi italiani.
Guidare la Cei non sarà infatti una passeggiata e, a ben vedere, neppure una di quelle pedalate che, come dimostrano numerosi scatti che lo ritraggono in sella, piacciono a Zuppi. Che ora è, appunto, chiamato ad una missione, se non impossibile, comunque assai tosta. Non a caso, l’ultimo che riuscì portarla a termine in modo incisivo, lasciando il segno, fu Camillo Ruini. Sembra passata una vita.
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