Domenica 8 marzo il vescovo di Forlì-Bertinoro, monsignor Livio Corazza ha celebrato la messa in Cattedrale, a porte chiuse, con una rappresentanza ristretta di fedeli. Pubblichiamo la sua omelia (i grassetti e i titoletti sono nostri, ndr)
Cari fratelli e sorelle, l’emergenza continua. Vorrei trovare con voi le ragioni per dare un senso al tempo che stiamo vivendo, imparare una lezione di vita e per sperare in un futuro migliore. Lo ricordavo anche nel giorno delle ceneri, anche dal male possiamo trovare un bene. C’è una lezione da imparare. C’è una prova da superare, insieme.
PER TROVARE UN SENSO
Gesù ci offre un tempo per riflettere sul senso della vita. Abbiamo già toccato con mano quanto siamo fragili e quanto abbiamo bisogno della solidarietà reciproca: siamo tutti nella stessa barca. Ora ce ne accorgiamo di più. C’è il contagio del male e il contagio del bene. Se ci pensate bene è, in fondo, lo scopo della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.
Per quale motivo Gesù è salito sul monte, se non per preparare i suoi discepoli a superare le sofferenze che da lì a poco avrebbero dovuto affrontare? Gesù conduce anche noi in disparte, in questa quaresima, per trovare senso anche in questa grave emergenza che preoccupa e minaccia tutti e colpisce fortemente qualcuno. Se siamo qui, sull’altare della Madonna del Fuoco, ma come sempre quando celebriamo, lo siamo anche per voi, per tutti! Non è vero che celebriamo una messa senza popolo: il popolo c’è ed è ben presente!
PENSARE AGLI ALTRI
Quindi, portando i discepoli sul Tabor, Gesù pensa agli altri. Ecco un prima lezione da imparare.
Gesù si prende a cuore la vita di ciascuno. Ed è lo stesso Gesù che, di lì a poco, morirà sulla croce. Eppure è più preoccupato degli altri, di come prepararli a questo momento. Di come fare in modo che non si lascino travolgere dall’angoscia e dalla sua morte, ma di saper trovare forza e coraggio nella sua risurrezione, che seguirà alla morte.
Da Gesù abbiamo tutto da imparare; dal suo modo di fare possiamo trovare noi stessi il modo migliore per vivere da cristiani anche nel tempo del coronavirus: pensare agli altri. In particolare ai più deboli.
Ci sono state chieste delle rinunce alla nostra libertà e anche alla nostra pratica religiosa. E ci costano molto. Qualcuno potrebbe dire che sono una esagerazione. Ma se, invece, il rispetto o meno di queste precauzioni fosse una questione di vita o di morte per qualcuno? Non sarebbe più che sufficiente questo motivo per osservarle con scrupolo? Sentivo ieri sera una frase: non ho paura di essere infettato ma di infettare gli altri… Pensare agli altri è quello che ci chiede anche a noi oggi, Gesù da monte Tabor.
LA BIBBIA APERTA SUL TAVOLO DELLA CUCINA
Gesù sul Tabor dialoga con Mosè ed Elia. Gesù dialoga con i due profeti che rappresentano tutte le Scritture, da un lato Mosè ed i libri della Legge e dall’altro Elia, uno dei profeti più grandi. Ecco dove noi troviamo luce per le nostre scelte, ecco il cuore della nostra preghiera. L’ascolto della Parola del Signore illumina e guida le nostre scelte.
Lo abbiamo sottolineato più volte. Le costrizioni e le imposizioni di questi gironi possono diventare la riscoperta di una grande opportunità e risorsa: la preghiera attorno alla Parola del Signore nelle nostre case, nelle nostre famiglie.
Ancora una volta, la gran parte del peso grava sulle famiglie, e sulle mamme che lavorano in particolare. Ci ricordiamo di loro solo quando abbiamo bisogno. A proposito, permettete che oggi ringraziamo tutte le donne: le donne in famiglia e nella chiesa, nella società e nel lavoro. Si fanno carico di tante cose. Sarà opportuno tornarci su con serietà su questo aspetto, passata l’epidemia.
L’epidemia ci costringe a rimanere di più in casa. E offre a qualcuno la possibilità di dialogare di più e di pregare di più insieme. Anche aprire la Bibbia sul tavolo di cucina, è già un atto di fede. Il cibo della Parola prima del cibo che nutre il corpo: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore”.
LA RINUNCIA ALL’EUCARISTIA CI COSTA
Vorrei rivolgermi in questo frangente a coloro che non sono credenti e a coloro che sono poco praticanti e dire loro che la rinuncia alla celebrazione dell’eucaristia ci costa molto. Perché essa è nutrimento della nostra vita, fondamentale e preziosa tanto quanto il cibo materiale. Ma, in attesa di consumare ancora insieme il Pane durante la celebrazione eucaristica, possiamo spezzare nelle nostre case la Parola del vangelo. Non ci ardeva forse il nostro cuore mentre ci parlava? Chi ci guarirà da questo virus? Certo speriamo le medicine e il vaccino che l’intelligenza umana e la sapienza divina metteranno presto a disposizione. Ma non solo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più profondo che ci faccia riscoprire la bellezza della vita. Non è la prima volta che singolarmente, perdiamo la messa la domenica. Questa volta lo facciamo insieme. Viviamo questo momento come una prova e una opportunità. La mancanza ci fa crescere il desiderio. Non dimentichiamola quando tutto finirà.
COME DICEVA DON CAMILLO
Il desiderio della messa. È infine la terza lezione.
Riguarda la nostalgia dell’agape fraterna. È bello per noi essere qui. Vi ricordate? È lo slogan che si trova in tutte le nostre chiese. Ebbene, abbiamo dovuto interrompere le nostre assemblee. Speriamo per breve tempo. Come diceva don Camillo, il sole tornerà a splendere sulle nostre campagne e le nostre colline. Intanto coltiviamo il desiderio dell’incontro. Ne sentiamo di più ora la necessità e la bellezza proprio ora che ci manca.
Ma, non dubitiamo di questo, il Signore non ci lascia soli. Se da un lato proviamo la fragilità della natura umana, dall’altro esperimentiamo la forza della solidarietà umana. Condividiamo le paure, condividiamo la battaglia contro un nemico comune: la malattia e la morte.
Siamo fragili e mortali. Eppure il Signore ha preparato per noi la vita eterna. “Preghiamo perché la vita abbia sempre il sopravvento sulla morte, anche quando la morte si presenta a noi come angoscia… preghiamo per non dimenticare che Dio è dalla nostra parte” (Epicoco)
È forte il contagio del male, ma con l’aiuto di Dio è più forte ancora il contagio del bene. Il male, il demonio, la cattiveria e l’egoismo non sono mai più forti dell’uomo, se ci lasciamo guidare e sorreggere dall’amore di Dio.
Siamo entrati in quaresima, tempo di grazia e di salvezza. Tempo nel quale fare esperienza del Dio che ci salva.
Come sintesi, faccio mie le tre parole del nostro presidente, fiducia, responsabilità e solidarietà con le quali ci ha invitato alla speranza. Siamo isolati ma non soli, siamo solidali con gli altri a partire dal compiere alcuni gesti quotidiani di prudenza e di rinuncia alla nostra libertà. Ma lo facciamo per il bene di tutti. Siamo docili alle misure di chi ha responsabilità istituzionali e vigila sulla nostra salute. Ne usciremo insieme. Se tutti faremo il nostro dovere.
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