Pubblichiamo di seguito, in una nostra traduzione di lavoro, alcuni stralci della conferenza tenuta da monsignor Charles Chaput, arcivescovo emerito di Philadelphia (Usa), venerdì 7 ottobre presso l’Alcuin Institute a Tulsa (Oklahoma). I grassetti sono redazionali.
[…] Esattamente 14 anni fa, nei mesi precedenti le elezioni del 2008, pubblicai un libro intitolato Render Unto Caesar. L’ho scritto per un giovane amico, marito e padre, che me lo ha chiesto. Chris era un democratico cattolico prolife che in precedenza si era candidato a una carica di stato, e aveva quasi vinto, in un distretto repubblicano. Voleva un consiglio. Voleva conoscere il ruolo proprio della fede nella vita pubblica. E ha chiesto espressamente un consiglio su come un leader politico cattolico dovrebbe integrare le sue convinzioni cristiane con il suo servizio politico. […]
Quello che ho detto in quelle pagine è piuttosto semplice. La fede cristiana è molto più della politica. E la politica, come abbiamo già visto, può facilmente diventare un’ossessione; una forma di idolatria. Ma per arrivare alla Città di Dio, dobbiamo passare per la Città dell’Uomo. E nella Città dell’Uomo, la politica è una parte necessaria della vita. La politica implica ottenere e usare il potere, nel bene o nel male. Pertanto, il potere ha una dimensione inevitabilmente morale. Il che significa che i cristiani hanno il dovere di essere coinvolti nel discorso pubblico e nella vita politica per aiutare a costruire una società migliore.
Due delle citazioni che ho usato in quel libro di tanto tempo fa sono rimaste con me nel corso degli anni. La prima è dello scrittore Charles Peguy : “La libertà è un sistema basato sul coraggio”. La seconda è del filosofo Henri Bergson: “La forza motrice della democrazia è l’amore”. Credo ancora in quelle parole. È vero che la vera libertà può essere degradata dalla licenza, e la democrazia, in assenza di un impegno d’amore, può essere corrotta dall’invidia e dall’amarezza. Ma non c’è molto nel mio libro che cambierei.
Ciò che è cambiato è la nazione in cui l’ho scritto. […] Quattordici anni fa non c’era alcuna decisione di Obergefell [decisione della Corte Suprema Usa a favore dei matrimoni gay del 2015, ndr], nessun mandato nazionale per il matrimonio gay, nessun Progetto 1619 [progetto lanciato dal Nyt che mira a ridefinire l’intera storia degli Stati Uniti d’America, ponendo al suo centro le vicende della schiavitù, del razzismo e dei conflitti che essi hanno provocato, ndr], nessuna – o almeno molto meno – censura politica Big Tech, niente spettacoli di drag queen in biblioteche per bambini e nessuna diffamazione dei genitori delle scuole pubbliche come possibili terroristi domestici. La teoria critica della razza, il woke-ism e i diritti dei transgender erano, tutti, oscure ossessioni dell’élite.
Questi cambiamenti non sono eventi casuali della storia. Non sono solo sconsiderati e malsani. Sono intenzionali. Sono vendicativi. In un certo senso, sono davvero malvagi. Mirano in modo abbastanza consapevole all’universo morale biblico che ha informato il nostro paese sin dalla sua nascita. Ed è per questo che Eric Voegelin, il grande filosofo politico fuggito dalla Germania nazista per trasferirsi negli Stati Uniti, nutriva una così profonda sfiducia nei confronti della moderna politica progressista. Vedeva, nel pensiero che si autodefiniva “progressista”, non solo un esercizio di pavoneggiamento morale, ma gli stessi istinti distruttivi – più attenuati, ma altrettanto reali – che trovava nel fascismo e nel pensiero marxista.
Allora qual è il risultato?
Un mio amico ama dire che la nostra attuale realtà politica si riduce alla “narcolessia per le masse”; la narcolessia come politica; narcolessia come progetto; in altre parole, una popolazione permanentemente semiaddormentata e quindi facilmente plasmabile e guidata. Potrebbe suonare strano. Ma in realtà è solo una variante di ciò che ha scritto lo studioso dei media Neil Postman nel suo libro, Amusing Ourselves to Death, e ciò che ha detto lo storico sociale Christopher Lasch nel suo libro, The Revolt of the Elites and the Betrayal of Democracy. Né Postman, né Lasch, tra l’altro, provenivano dalla destra politica. Entrambi erano voci molto razionali della sinistra democratica. Ed entrambi hanno visto che gran parte della nostra cultura attuale è in realtà basata sull’indebolimento piuttosto che sul rafforzamento dell’individuo; creare dipendenza piuttosto che una reale autonomia. […] una popolazione di narcolettici dipendenti da media spazzatura, spazzatura materialista, fast food e Internet. […]
Quindi cosa possiamo fare? […]
La maggior parte di noi in questa stanza sa che il battesimo è il fondamento di ogni altro sacramento e di ogni vocazione cristiana. L’Eucaristia è la fonte e il culmine della vita cattolica. Ma sta sulla pietra angolare del battesimo. E sappiamo che il battesimo fa tre cose: lava via il peccato originale; ci incorpora nella comunità viva del popolo di Dio, la Chiesa; e ci dà una partecipazione alla vita della Santissima Trinità. In altre parole, fa di noi una nuova creazione, con la possibilità di pensare e agire in modo devoto, attraverso l’insegnamento di Gesù Cristo. Il battesimo ci dà l’energia della risurrezione di Cristo per la nostra vita qui e ora,e non solo nell’eternità. E tutto questo non è opera nostra; è un dono gratuito e una questione di grazia. Ecco perché i veri cristiani, credenti cristiani, sono sempre una minaccia per le potenze di questo mondo. […] Dobbiamo pensare e agire di conseguenza. Abbiamo bisogno di recuperare la spina dorsale e la natura missionaria del nostro battesimo. […]
Nessuna tecnologia, nessun “ismo” e nessuna conoscenza speciale potrà mai sostituire il bisogno dell’uomo di Dio. L’idolatria, qualunque forma o nome assuma, ci tradisce sempre. Solo Dio è Dio, e Gesù Cristo è suo Figlio e nostro Redentore. Dobbiamo ricordare Romani 8,31. Abbiamo bisogno di bruciare quel versetto della Scrittura nel nostro cervello e portarlo nei nostri cuori: “Se Dio è per noi, chi può essere contro di noi?” Una vita vissuta nella paura, una vita spesa a cercare una sorta di concordato con idee e comportamenti che sono veramente malvagi e celebrati ora in tanta parte della nostra cultura, non è mai la strada per un cristiano. […]
Quindi questo non è un brutto momento per essere cristiani. È esattamente il momento migliore, perché è il nostro momento per dimostrare che crediamo davvero ciò che diciamo di credere, predicandolo con la testimonianza della nostra vita.
*Arcivescovo emerito di Philadelphia (Usa)
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