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Il mondo dopo la pandemia: riconoscere che «Cristo non è un cadavere»
NEWS 5 Aprile 2021    di Redazione

Il mondo dopo la pandemia: riconoscere che «Cristo non è un cadavere»

Pubblichiamo alcuni stralci dell’omelia di Pasqua del Patriarca di Gerusalemme dei latini, monsignor Pierbattista Pizzaballa. L’omelia è stata pronunciata ieri, 4 aprile 2021, durante la celebrazione nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme (fonte: Patriarcato Latino di Gerusalemme)

Di Pierbattista Pizzaballa*

«(…) credo che Pasqua sia questo, soprattutto questo: non corpi ritrovati, ma occhi che si aprono… Pasqua è uno sguardo più che un ritrovamento, è un modo di vedere nuovo, più che un ritrovare le cose di prima, le cose di sempre.

In questo anno trascorso, in larga parte del mondo, abbiamo soprattutto contato contagi, malati, morti e, probabilmente, siamo un po’ tutti come Maria di Magdala: tentati di correre all’indietro, per ritrovare i corpi che abbiamo perso, le occasioni mancate, le feste rinviate, la vita che è sembrata sfuggirci. Sogniamo tutti un ritorno alla normalità che potrebbe però somigliare tanto a voler ritrovare un cadavere, un mondo e una vita malata, segnata dalla morte.

In questo Luogo, proprio QUI, risuona invece la voce misteriosa del Risorto che orienta il nostro cercare e riapre i nostri occhi, rendendoli capaci di vedere nel vuoto. E così, noi che vorremmo ritrovare quanto perduto, ci riscopriamo capaci di vedere la grande novità della Pasqua, se diamo ascolto a quella Voce, che ci parla di un futuro sconosciuto ma possibile, che ci rimanda non indietro, ma al Padre e ai fratelli (cf Mt 28,10), che ci spinge ad andare, non a tornare.

Pasqua è scommettere sull’impossibile di Dio piuttosto che sul possibile degli uomini. Pasqua è vedere il vuoto, guardare i segni della passione e scorgervi la premessa e la promessa di una Vita nuova e straordinaria, non perché siamo sognatori ma perché crediamo in Dio, Signore dell’impossibile.

Penso che questo mondo stanco, ferito, stremato dalla pandemia e da tante situazioni di paura, morte e dolore, logorato da troppe ricerche vane, che trova sempre meno ciò che cerca, abbia più che mai bisogno di una Chiesa dagli occhi aperti, dallo sguardo Pasquale, che sa scorgere le tracce della Vita anche tra i segni della morte. Qui insieme a Cristo, può e deve risorgere una Chiesa chiamata per nome dal Signore, che corre ad annunciare con gioia di averLo visto nei tanti volti e nelle tante storie di bellezza, di bontà e di santità che hanno consolato e consolano il suo cammino.

Dalla Pasqua può e deve ripartire una Chiesa che, umilmente fiera della vittoria del suo Signore, osa proporre la gioia del Vangelo a tutti, per ridisegnare un mondo e una storia di nuovi rapporti di giustizia e di fraternità. Cristo non è un cadavere, la Sua parola non è lettera morta, il Suo regno non è un sogno infranto, il Suo comandamento non è superato: Egli è la Vita, la nostra vita, la vita della Chiesa e del mondo. Egli è la Verità, la nostra verità, la verità della Chiesa scartata spesso dai potenti, ma pietra angolare di ogni costruzione che voglia sfidare le tempeste. Egli è la Via, la nostra via, la via della Chiesa, che passa certo dal Calvario ma giunge infallibilmente alla pienezza della gioia. Con tutta la Chiesa vogliamo qui vivere di questa Vita, annunciare questa Verità, camminare per questa Via. Dovremmo avere il coraggio di essere discepoli dell’impossibile, capaci di vedere il mondo con uno sguardo redento dall’incontro con il Risorto, e credere con la fede solida di chi ha sperimentato l’incontro con la Vita. Nulla è impossibile per chi ha fede.

Ecco cosa mi sento di dire a questa nostra Chiesa: coraggio! Nulla è impossibile, smettiamo di ripiegarci sulle nostre ferite, di cercare il Vivente tra i morti, di guardare indietro, al nostro passato, a quello che eravamo, a quanto abbiamo perduto. Non troveremo lì il Risorto, non è quella la nostra Pasqua!

Sentiremo in questi giorni risuonare per le nostre strade il saluto tipico di questi giorni: Cristo è risorto, è veramente risorto!

Non sia solo un saluto, ma il nostro annuncio di persone, di Chiesa che sa testimoniare con convinzione e certezza che ogni morte, ogni dolore, ogni fatica, ogni lacrima può essere trasformata in vita. E che c’è speranza. C’è sempre speranza.

*Patriarca di Gerusalemme dei latini

Foto Imagoeconomica

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