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21.12.2024

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Milano, il Prefetto stoppa “le mosse arcobaleno” del sindaco Sala
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15 Marzo 2023

Milano, il Prefetto stoppa “le mosse arcobaleno” del sindaco Sala

Chissà quanto sarà costato a Beppe Sala pronunciare le seguenti parole: «Nostro malgrado, pertanto, ad oggi non possono più essere registrati figli di due uomini divenuti genitori facendo ricorso alla gestazione per altri praticata all’estero, né i figli di due donne che hanno fatto la procreazione medicalmente assistita all’estero ma con parto avvenuto in Italia». Il primo cittadino che ha distribuito le panchine arcobaleno per tutta la città, che ha reso rainbow i muri della metro di Porta Venezia, che ha sfoggiato il calzino arcobaleno in campagna elettorale e l’orologio “del Pride”, si deve fermare di fronte al Prefetto della “sua” Milano.

Renato Saccone ha infatti chiesto al Comune di interrompere il riconoscimento all’anagrafe dei bambini nati all’estero con tecniche di procreazione assistita e registrati come “figli di due persone dello stesso sesso” anche se uno dei due è privo di legame biologico col bambino. La questione viene presentata come relativa “ai figli delle coppie omogenitoriali”, di fatto si sta parlando di bambini nati con l’utero in affitto – pratica illegale nel nostro Paese – e portati in Italia da due uomini intenzionati a non far figurare l’esistenza della mamma, oppure di bimbi nati dalla cosiddetta donazione di seme tramite procreazione assistita e portati in Italia da due donne che chiedono che del padre non ci sia traccia amministrativa.

La biologia ha infatti ancora bisogno di maschio e femmina per generare, mentre la burocrazia può aggirare la realtà. Ed è così che ha fatto Beppe Sala certificando che questi bimbi siano figli delle coppie, formate da persone dello stesso sesso, che desiderano registrarli, indipendentemente dal legame biologico. Attualmente sono 17 le trascrizioni effettuate dal Comune di Milano, 12 di questi bimbi risultano per il Comune “figli di due papà” e altri 5 “figli di due mamme”. Altre otto sono in attesa, e lì rimarranno.

La stretta del Prefetto, decisa su indicazione del ministero dell’Interno, recepisce la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 30 dicembre, in cui i giudici avevano stabilito che i bambini nati all’estero con la maternità surrogata dovessero essere riconosciuti in Italia come “figli di entrambi i genitori” con l’adozione in casi particolari, con l’eventuale approvazione di un giudice, e non con la trascrizione diretta all’anagrafe. Il ministero dell’Interno, in una circolare ai prefetti, aveva rimarcato lo stop della Cassazione alle trascrizioni dei certificati dei bambini nati all’estero con l’utero in affitto e li aveva sollecitati a «fare analoga comunicazione» ai sindaci. La circolare inoltre precisava che «alla luce del divieto per le coppie composte da soggetti dello stesso sesso di accedere a tecniche di procreazione medicalmente assistita, il solo genitore che abbia un legame biologico con il nato può essere menzionato nell’atto di nascita che viene formato in Italia. Parimenti esclusa è la trascrizione di atti di nascita formati all’estero riconducibili alla fattispecie della maternità surrogata».

Il Sindaco di Milano, supportato dalle realtà della galassia Lgbt e da esponenti del suo partito, si dice pronto a dare battaglia: «Dovrebbe essere il legislatore a consentire con legge, come avviene anche in altri Paesi europei, la registrazione del figlio di coppie dello stesso sesso, a prescindere dal più oneroso e oggi decisamente travagliato procedimento dell’adozione in casi particolari», Beppe Sala parla di «un passo indietro», si dice rammaricato e afferma: «Mi metto nei panni di quei genitori che a Milano pensavano di poter contare su questa possibilità». Non si sa se si sia messo nei panni anche dei bambini di cui si sta parlando, che forse potrebbero soffrire per il fatto di essere privati deliberatamente del papà o della mamma, più che di un certificato che va solo incontro ai desideri degli adulti.

«Finalmente a Milano viene ripristinata la legalità e il contrasto all’utero in affitto quando commesso all’estero – afferma Jacopo Coghe, portavoce di ProVita & Famiglia Onlus – La Circolare del Prefetto di Milano, contrariamente a quanto vorrebbero far credere il sindaco Sala e le associazioni LGBTQI+, è un passo in avanti di civiltà e buon senso, perché chiude le porte a politiche ideologiche che minano l’infanzia dei bambini e soprattutto non lascia spazio a interpretazioni che, in passato o in altre città d’Italia, rischiano di aprire la strada alla pratica disumana dell’utero in affitto, anche quando portata avanti da cittadini italiani all’estero e che non solo sfrutta le donne povere e disperate, ma usa i bambini come merce da comprare su ordinazione. Il supremo interesse dei minori è e sarà sempre avere una mamma e un papà, non essere l’oggetto dei desideri di avere figli a tutti i costi e venire così trattati come una proprietà da registrare» (Foto: Imagoeconomica)

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