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«Michi è rimasto nelle mani di Dio». E sua madre ha capito forse più di tutti come è stato «rianimato»
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28 Maggio 2015

«Michi è rimasto nelle mani di Dio». E sua madre ha capito forse più di tutti come è stato «rianimato»

È rimasto sott’acqua per 43 minuti e quando l’hanno riportato a galla, il suo cuore era fermo. Tanto che tutti ormai pensavano non ci fosse nulla da fare. Portato al San Raffaele di Milano, però è riuscito a salvarsi. E, tra qualche giorno, sarà dimesso, in tempo per il match Juve-Barcellona del 6 giugno. Uno dei suoi primi pensieri: dopo essersi svegliato, ha subito chiesto: «Hanno già giocato la finale di Champions?». Una caso destinato ad entrare nella storia della medicina.

È la storia di Michi, 15 anni ancora da compiere: il 24 aprile scorso con quattro amici si è tuffato da un ponticello nelle acque del Naviglio, a Castelletto di Cuggiono, in provincia di Milano. Rimasto impigliato sul fondo, non è però risalito. E quando 118 e vigili del fuoco sono riusciti a recuperarlo, la storia sembrava scritta: dopo oltre 40 minuti sott’acqua, con una temperatura del Naviglio di 15 gradi e una corporea di 29, il cuore era fermo e il sangue non circolava più. Ed è per questo motivo che i polmoni non si sono riempiti d’acqua.

I soccorritori prima, i medici del San Raffaele poi, non si sono però arresi: il 118 ha fatto ripartire il battito e trasportato il paziente con l’elisoccorso in ospedale. Dove l’equipe di Rianimazione cardio-toraco-vascolare, guidata da Alberto Zangrillo, ha avuto l’intuizione: puntare sulla bassa temperatura dell’acqua e sulla possibilità che, quasi “ibernandolo”, avesse protetto gli organi.

Di qui, la decisione di attaccare Michi a un macchinario all’avanguardia, l’Ecmo: un “super bypass” che drena il sangue del paziente, lo riscalda, ossigena e rimette in circolo. Una scelta vincente. «Abbiamo considerato – spiega Zangrillo – la giovane età del paziente, e la possibilità che l’acqua fredda avesse preservato gli organi. Anche se in letteratura scientifica i parametri a cui si fa riferimento in questi casi sono diversi: per permettere la ripresa di pazienti “sommersi” l’acqua deve essere sotto i 5 gradi, e il periodo sott’acqua non deve superare i 20-25 minuti».

Nel caso di Michi, l’acqua era tre volte più calda, il tempo trascorso sul fondo del Naviglio doppio rispetto a quello di riferimento: «Abbiamo voluto tentare comunque, ed è andata bene. Per questo è un caso straordinario», dice Zangrillo. Michi tra qualche giorno sarà dimesso da via Olgettina e ricoverato in una struttura di riabilitazione. Sedato per le prime settimane, è stato risvegliato gradualmente fino a quando una decina di giorni fa è tornato in sé. Ha perso la gamba destra, amputata sotto il ginocchio, ma è vigile e cosciente, dialoga con i genitori e scherza con i medici: «Ieri aveva sete, ci ha chiesto un Mohito», sorride Zangrillo.

La madre di Michi, una signora di origini tedesche, intervenuta in conferenza stampa al San Raffaele insieme al marito italiano, ha voluto «ringraziare Dio e i medici. In questo mese, ci sono state tante preghiere per mio figlio, grazie per le speranza che ci hanno trasmesso».

«In questo mese ho vissuto giorno per giorno l'evoluzione miracolosa di mio figlio» continua. E a chi chiede se si è trattato di un miracolo replica così: «Un miracolo? Un miracolo è qualcosa di straordinario. E come ha detto il dottore, questa storia è straordinaria. La guarigione di Michi è straordinaria e inaspettata: lui al fiume era senza vita, oggi è pieno di vita. Sono sicura che questo è un percorso miracoloso». Con queste parole si affretta a chiarire che non intende sminuire il lavoro fatto in ospedale: «Pensiamo che Michi è rimasto nelle mani di Dio e dei medici e ognuno, per le sue capacità, ha dato il massimo che bisognava dare. La collaborazione tra il divino e la scienza è una cosa meravigliosa».

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