Il fenomeno viene denunciato da tempo, soprattutto dalla chiesa pakistana. Si tratta del traffico di spose cristiane per uomini cinesi, una tratta emersa recentemente con l’arresto di sei persone nel distretto di Faisalabad dedite a combinare falsi matrimoni per avviare alla prostituzione le giovani donne.
Padre Inayat Bernard, rettore della cattedrale del Sacro Cuore di Lahore, denunciava ad Asianews che «i media pakistani ignorano di proposito queste storie. Il governo non vuole presentare critiche che possano mettere a repentaglio il suo progetto-bandiera con l’amico di vecchia data. Ma le ripercussioni socio-culturali sono ormai evidenti nella società. I cinesi stanno abusando della nostra fiducia e della politica [preferenziale] dei visti. I bersagli più facili sono le famiglie povere».
Il metodo con cui operano queste organizzazioni criminali è stato spiegato da Jameel Ahmed Khan, un alto funzionario della Federal Investigation Agency (FIA) a Lahore. «I trafficanti predano donne e ragazze vulnerabili, offrendo lavoro e trasporto in Cina, poi li vendono, per cifre che vanno dai 3.000 a 13.000 dollari, alle famiglie cinesi che cercano spose per i loro figli. Una volta acquistate, donne e ragazze sono in genere bloccate in una stanza e violentate ripetutamente: l’obiettivo è farle rimanere gravide rapidamente». Secondo alcune stime dall’ottobre 2018 sarebbero almeno 1000 le ragazze pakistane vendute come “spose”.
Le sei persone arrestate nel distretto di Faisalabad sono la signora Candis, una cinese a capo dell’organizzazione, il pastore protestante Zahid e altri quattro cristiani: Kashif, Qaisar, Janu e Parkash Masih. Questi arresti rivelano un fenomeno che Shahid Anwar, coordinatore diocesano di Giustizia e pace a Faisalabad, ha così raccontato ad AsiaNews: «gli incidenti di matrimoni falsi fra cinesi e ragazze cristiane sono divenuti un numero spropositato. I gruppi criminali sfruttano povere famiglie cristiane e le accecano con promesse di denaro, poi usano le ragazze nell’industria del sesso, nei lavori forzati e in altre umilianti situazioni. Il governo pakistano e il consolato cinese dovrebbero prendere azioni decise contro questo traffico di persone, verificando visti e certificati di matrimoni. Da parte sua, la società civile dovrebbe educare alla consapevolezza su questi traffici umani di massa, specie verso i bambini e le minoranze religiose, che sono le vittime più facili».
Questa tratta è dilagata in seguito agli accordi commerciali tra Pakistane e Cina che rientrano nel Corridoio economico sino-pakistano, uno dei progetti della nuova “Via della Seta”, inaugurato cinque anni fa.
Il triste traffico sarebbe causato anche dall’insensata politica del figlio unico applicata dalla Cina, una prassi dell’orrore che ha ridotto drasticamente il numero di donne. Human right watch nel dicembre scorso ha denunciato che «vi sono prove dell’esistenza di questa tratta delle ‘mogli’ anche in Cambogia, nella Corea del Nord e in Vietnam, e ne potrebbero emergere anche da altri paesi confinanti con la Cina. L’importazione di donne non risolve la carenza, ma la diffonde».
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