Domenica 22 luglio l’arcivescovo polacco Henryk Hoser, vescovo emerito di Varsavia-Praga, ha celebrato, nella chiesa di San Giacomo a Medjugorje, una Santa Messa che ha siglato l’inizio della sua visita apostolica nella cittadina della Bosnia-Erzegovina dove dal giugno del 1981 sette veggenti affermano di avere visioni della Santa Vergine. Presenti alla celebrazione anche Monsignor Luigi Pezzuto, nunzio in Bosnia-Erzegovina, il vescovo di Alessandria, Monsignor Guido Gallese, e fra Miljenko Steko, provinciale dei francescani, oltre a una folla di fedeli e pellegrini.
L’11 febbraio dello scorso anno Monsignor Hoser era stato nominato da Papa Francesco inviato speciale della Santa Sede per Medjugorje per «acquisire più approfondite conoscenze – riportava AciStampa – della situazione pastorale di quella realtà e, soprattutto, delle esigenze dei fedeli che vi giungono in pellegrinaggio e, in base ad esse, suggerire eventuali iniziative pastorali per il futuro». In seguito a questo primo incarico, e venuto meno per l’arcivescovo polacco l’impegno nella sua diocesi per sopraggiunti limiti di età, il 31 maggio scorso il pontefice lo ha nominato «visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje, a tempo indeterminato e ad nutum Sanctae Sedis»: un compito nuovamente dal carattere pastorale, in continuità con il precedente.
Ebbene, nella Santa Messa di domenica, l’arcivescovo emerito è partito proprio dall’incarico assegnatogli da Papa Francesco, spiegando – riporta Vatican News – che è stato inviato a Medjugorje perché «la cura pastorale esige di assicurare un accompagnamento stabile e continuo» sia nei confronti dei parrocchiani, sia dei pellegrini.
Hoser ha quindi posto in evidenza la parola “lontananza”: da un lato sottolineando il fatto che i pellegrini giungono a Medjugorje da oltre 80 Paesi del mondo, dall’altra portando l’accento su una condizione di lontananza spirituale da Cristo. In contrapposizione, ha quindi proseguito, ai testimoni “vicini” del fenomeno delle apparizioni, sia in termini geografici, sia di adesione del cuore.
Il punto centrale dell’omelia è quindi stato racchiuso nella domanda sul perché tanta gente impieghi tempo, denaro ed energie per recarsi Medjugorje. «La risposta che si impone – ha affermato l’arcivescovo – è questa: vengono per incontrare qualcuno. Per incontrare Dio, incontrare Cristo, incontrare Sua Madre. E poi per scoprire la strada che conduce alla felicità di vivere nella casa del Padre e della Madre; infine per scoprire la strada mariana come quella più certa e sicura. È la strada del culto mariano che si celebra da anni qui, cioè “quel culto sacro, nel quale vengono a confluire il culmine della sapienza e il vertice della religione e che pertanto è compito primario del Popolo di Dio” (Dall’Esortazione apostolica di Paolo VI Marialis cultus)».
Un culto – come avviene a Medjugorje – che è, e deve rimanere cristocentrico, e che deve trovare fondamento nella pratica sacramentale.
Concludendo, il visitatore apostolico ha quindi affermato che «Medjugorje ci offre il tempo e lo spazio della grazia divina per intercessione della Beata Vergine Maria» e ha dedicato una sottolineatura particolare all’appellativo “Regina della Pace”, con la quale fedeli e devoti delle apparizioni della Bosnia-Erzegovina sono soliti venerare la Santa Vergine: «È vero – ha chiosato Hoser – il mondo ha tanto bisogno di pace: la pace del cuore di ciascuno, la pace nella famiglia, la pace sociale e la pace internazionale, tanto desiderata da tutti, specialmente dai cittadini di questo Paese, così provato dalla guerra dei Balcani. Promuovere la pace significa costruire una civiltà fondata sull’amore, sulla comunione, sulla fraternità, sulla giustizia, e quindi sulla pace e la libertà».
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