Marco Arosio (1963-2009) moriva quindici anni fa consegnando ai posteri un importante lascito intellettuale nel campo della filosofia e della teologia. Esperto conoscitore del Medioevo, aveva approfondito un ambito di ricerca all’epoca quasi del tutto inesplorato, colmando la lacuna storico-critica degli anni compresi tra il 1236 e il 1257. Si era, infatti, dedicato allo studio del periodo caratterizzato dall’influenza del corpus aristotelico sulla prima scuola francescana di Parigi, che va dall’attribuzione della prima cattedra di sacra dottrina ai Frati Minori sino alla conclusione della docenza parigina di Bonaventura da Bagnoregio, autore di cui ha vagliato con attenzione i testi: «La concezione bonaventuriana della teologia – ha spiegato – affonda le proprie radici nella spiritualità francescana ed è segnata da un carattere pastorale-pratico che, orientato alla speculazione agostiniana e al magistero spirituale di Francesco, rende la teologia di Bonaventura una continua ricerca della sapientia, ove il sapere è impregnato di amore, perché aperto continuamente al rivelarsi di Dio e finalizzato all’incontro con lui».
Marco Arosio si era dedicato alla ricerca e alla docenza universitaria presso varie istituzioni, insegnando Storia della Filosofia e Teologia Medievale, ed esercitando la sua professione con dedizione e serietà: «Si tratta – egli scrive – di un “allenamento” per il futuro, è un atto di rispetto per i miei studenti: discipulis maxima reverentia debetur! Il rispetto per lo studente deve essere assoluto, lo studente è “sacro”, qualunque sia il livello di preparazione e le sue attitudini allo studio. Quando mi siedo per iniziare la lezione, non vedo dinnanzi a me studenti di un ateneo pontificio. Guardo la “mia” classe: e quando inizio a parlare mi impegno (e anche mi preparo nel corso della settimana che precede l’insegnamento) come se avessi di fronte docenti delle migliori università del mondo. Mi pare questo lo spirito giusto per svolgere con dignità e successo il mio incarico di docente».
Egli voleva corrispondere al massimo grado alla propria vocazione: «Ciò che di buono riusciamo a compiere – è ancora Marco Arosio a parlare – non viene mai meno, né viene disperso. Come dice un santo padre francescano, l’importante è fare sempre il nostro meglio, dando tutto di noi stessi in quello che è oggetto dei nostri interessi. Senza risparmio di energie e senza guardarci intorno per vedere a che punto stiano gli altri. Confidando sempre nelle proprie capacità e nel proprio valore». Tuttavia, non è la sola capacità personale che rende possibile buoni risultati, ma diviene necessaria anche la partecipazione alla grazia divina. Soltanto così si può scoprire quale sia l’unico fondamento dell’esistenza: «Coloro che vagano nel buio – ha osservato Arosio – si dirigono alla ricerca di quella luce, attendono quella speranza, cercano quella fonte di vita, che consenta loro di sfuggire alla tetra angoscia delle tenebre, del peccato e del male. Solo Cristo è capace di soddisfare le aspirazioni più profonde nel cuore umano».
E ha aggiunto: «L’inizio della redenzione dell’umanità coincide con la venuta di Cristo, l’uomo-Dio redentore, ossia con l’Incarnazione del Verbo nel seno purissimo di Maria. Dio ha voluto che l’Incarnazione dipendesse dal libero consenso di Maria». A tal proposito, san Bernardo di Chiaravalle – le cui opere mostrano tutta la delicata devozione per la Madre di Dio e hanno esercitato un certo influsso anche sul pensiero di Marco Arosio – pone in evidenza in una omelia (II super Missus est, 4) come la Vergine non fu trovata inaspettatamente oppure per caso, ma fu scelta fin dal principio, conosciuta dall’Altissimo e da lui preparata per sé, custodita dagli angeli, preannunciata dai patriarchi, promessa dai profeti: «Oltre a dare la vita della grazia – precisa Arosio –, Maria, quale madre amorosa, ha cura di essa, adoperandosi per difenderla e farla sviluppare. Ciò si compie nell’ordine soprannaturale della grazia. Si fa e si può fare soltanto mediante le grazie attuali, le quali, come afferma esplicitamente san Bernardo, passano tutte, per volontà di Dio, attraverso le mani di Maria».
Da qui, si comprende come la sacra doctrina possa essere appresa appieno soltanto in un dinamismo spirituale, tanto che – rileva ancora Arosio – la sua funzione «si realizza nel promuovere la fede e condurla al suo sviluppo; allo stesso tempo, la fede e i doni dello Spirito santo promuovono la scienza teologica secondo un processo operativo che non si conclude nell’attività intellettuale per protendersi verso una estensione affettiva (“illa revelatio ordinat ad affectum”)». In quest’ottica, il pensiero teologico considera lo “stato” dell’uomo come quello di una creatura finita vulnerata dalla caduta dei primogenitori: «Nella condizione di decadenza, anche intellettuale, cui partecipa l’umanità in seguito al peccato originale, la luce della ragione naturale, distinta dalle luci infuse, è incapace di impegnarsi, con successo, nella ricerca teologica qualora escluda la grazia».
Lo studio della sacra pagina unito alla ricerca metafisica aveva portato Marco Arosio a illustrare come «la prima vera “impresa teologica” sarebbe… la dottrina del Logos, con cui […] [si] tenta di gettare un ponte tra rivelazione biblica e filosofia greca. Se è nell’incontro con quest’ultima la “forza propulsiva del progresso teologico”, allora si può dire che la teologia cristiana nasce quando il kerygma originario deve affrontare il confronto-scontro con il pensiero greco, ma anche quando da quest’ultimo assume gli strumenti per un’elaborazione della fede in teologia. Se, infine, per teologia intendiamo un sistema organico di pensiero, che inglobi un’ontologia, una cosmologia, un’antropologia…, allora dobbiamo porre gli inizi della teologia cristiana là dove l’incontro con il mondo greco ha prodotto un sistema di pensiero cristiano».
Sicché, questo sistema si forma all’interno della comunità cristiana, connotata gerarchicamente, a dire che il Nuovo Testamento si origina nella Chiesa, in una realtà cioè già costituita e organizzata, che non solo interpreta o codifica il Vangelo, ma lo “produce” pur nella fedeltà alle parole dell’unico Signore e Maestro. Si comprende, quindi, che «la teologia cristiana nasce, … con il cristianesimo, non dopo il Nuovo Testamento e l’età apostolica». Le numerose piste d’indagine – qui solamente accennate – hanno portato l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum alla decisione di istituire il 2 settembre 2010, presso la Facoltà di Filosofia, la Cattedra Marco Arosio di Alti Studi Medievali con lo scopo principale di dare nuova luce al ricordo e al lavoro realizzato dal professor Arosio nell’ambito degli studi filosofici e teologici medievali.
Il 10 aprile dell’anno precedente, difatti, Marco si spegneva improvvisamente, all’età di quarantacinque anni, nella casa natale di Monza, dove si era recato per trascorrere il periodo pasquale con i familiari. Tempo prima, quasi a indicare il mistero della vita umana, aveva scritto in un suo diario: «Le vie del Signore… non sono le nostre vie e, a volte, … appaiono del tutto incomprensibili. Ci ammaestra e consola, tuttavia, la Sacra Scrittura: “Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo. Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza; vera longevità è una vita senza macchia. […] Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera. La sua anima fu gradita al Signore” (Sap 4, 7-10.13-14)». (Fonte foto: Pexel.com/ Pexels.com)
Potrebbe interessarti anche